Lo sciopero nelle scuole del Fvg.
Stipendi ancora troppo bassi e un aumento ipotizzato che è insufficiente. Indennità aggiuntiva “insoddisfacente”. E un obbligo, quello vaccinale per il personale, che lascia ancora molti dubbi. Sono alcuni tra gli argomenti che hanno spinto il mondo della scuola del Friuli Venezia Giulia a scioperare nella giornata odierna. Dati ufficiali sull’adesione all’astensione ancora non ci sono, ma secondo i sindacati Flc-Cgil, Uil scuola, Snals Confsal e Gilda Unams (dallo sciopero si è astenuta soltanto la Cisl Scuola), gli istituti rimasti chiusi in regione sono stati molti.
Il nodo salari.
I sindacati respingono al mittente l’ipotesi di 85 euro medi lordi mensili di aumento per i rinnovi contrattuali, perché non garantisce neppure il recupero dell’inflazione dal 2018, anno di scadenza dell’attuale contratto. Giudicano offensiva l’indennità aggiuntiva di 12 euro prevista per i docenti dalla Finanziaria 2022. Chiedono la proroga fino a giugno 2022 anche per il personale Ata, “fondamentale per garantire il funzionamento e la sicurezza delle scuole”. E lamentano il tardivo avvio dei concorsi per i docenti, fondamentali per consentire una riduzione del numero di alunni per classe.
Una “sgradita elemosina”.
I segretari regionali Adriano Zonta (Flc-Cgil), Ugo Previti (Uil scuola), Mauro Grisi (Snals) e Massimo Vascotto (Gilda) hanno fatto il punto sia sulla trattativa tra sindacati e governo, sia sulla situazione della scuola in regione di fronte al pesante impatto della quarta ondata. “Il ruolo del sindacato – questo il messaggio – è contrattare, non prendere atto delle decisioni dei governi di turno. Governi che, dal 2018 a oggi, hanno progressivamente ridotto le poste sul contratto: da una richiesta iniziale di 100 euro netti medi di aumento, siamo scesi agli 85 euro lordi stanziati dalla Finanziaria 2021 e confermati da quella in discussione, che sulla scuola non aggiunge nulla, se non l’elemosina di 12 euro battezzata come premio per la dedizione dei docenti“. Si tratta, per i sindacati, di cifre che contribuiscono ad allargare a 350 euro mensili, a parità di titolo di studio, il gap salariale rispetto al pubblico impiego, cui si aggiungono altre penalizzazioni come i vincoli sulla mobilità del personale, che condizionano pesantemente le scelte familiari e la conciliazione tra lavoro e vita privata.
I malumori sul vaccino al personale.
Ad accrescere il malessere l’imposizione di un obbligo vaccinale che i sindacati non discutono come scelta generale, ma contraddittoria rispetto alla mancata adozione di una misura analoga in altri settori, egualmente esposti al rischio. “Scelta – denunciano le segreterie regionali – che da un lato evidenzierebbe un rischio maggiore per chi opera nella scuola, senza però il contestuale riconoscimento di un’indennità a chi, in quasi due anni di pandemia, ha profuso uno straordinario impegno, anche lavorando da casa, per garantire la continuità didattica”. Nell’avvicinarsi della scadenza del 15 dicembre, secondo Cgil, Uil, Snals e Gilda, i lavoratori non vaccinati rappresentano in regione circa il 10% del personale, che complessivamente conta oltre 22mila persone tra docenti e Ata. Lavoratori che, in assenza di certificazioni o di una prenotazione esibita alla dirigenza, trascorsi sei giorni dal 21 dicembre non potranno presentarsi al lavoro, pena pesanti sanzioni, previste anche per i dirigenti scolastici: da qui le preoccupazioni per le ricadute sugli istituti, che saranno inevitabilmente chiamati a far fronte a un aggravarsi delle carenze di personale.
Sempre sul fronte della gestione della pandemia, i sindacati denunciano anche la mancata adozione, da parte della Giunta regionale, di alcune misure sollecitate dal mondo della scuola sul fronte della sanità e del trasporto pubblico. Contestati, sul fronte delle politiche sanitarie, la mancata istituzione di centri per i tamponi rapidi nelle scuole e di una linea telefonica dedicata per le comunicazioni tra i dirigenti scolastici e le aziende sanitarie, mente in materia di trasporti le organizzazioni di categoria continuano a denunciare la carenza di controlli sui mezzi e sugli assembramenti, oltre all’insufficiente potenziamento delle flotte. Positivo, invece, il ruolo dell’assessorato alla Pubblica istruzione, “l’unico – rimarcano i segretari regionali – ad aver messo in campo misure concrete, a partire dalle risorse stanziate per il potenziamento del personale”.