Alla ricerca del segreto dei violini Stradivari.
Il segreto dei violini Stradivari sta di casa in Friuli. A tre secoli dalla scomparsa del liutaio cremonese Antonio Stradivari, il mistero dei suoi straordinari strumenti affascina ancora estimatori e scienziati, che sfruttano le tecnologie più avanzate per venirne a capo.
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Analytical Chemistry ha svelato un importante dettaglio sulla natura del rivestimento presente al di sotto della vernice. La prima autrice della ricerca è Chiaramaria Stani, collaboratrice scientifica del Consorzio Centro Europeo delle Infrastrutture di Ricerca nell’area dei beni culturali.
Le analisi sono state svolte su due violini prodotti da Stradivari, il Toscano (1690), custodito presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, e il San Lorenzo (1718), conservato a Tokyo sotto la cura del restauratore ed estimatore Sota Nakazawa.
“Da diversi anni gli esperti del settore dibattono sull’impiego da parte di Stradivari di uno strato preparatorio interposto tra la vernice e il legno, al fine di uniformare la superficie di quest’ultimo”, riporta Giacomo Fiocco, co-autore della ricerca. In precedenza, le analisi di microscopia a infrarossi svolte presso la linea di luce SISSI del sincrotrone Elettra avevano fatto ipotizzare la presenza di materiale organico applicato direttamente sul legno, al di sotto degli strati di vernice. Tuttavia, non era stato possibile accertare con esattezza la sua natura chimica. Nell’ultimo studio è stata invece impiegata una tecnologia più sofisticata, la nano-microscopia a infrarossi, la quale ha permesso di ottenere dettagli inediti.
I risultati dello studio.
“I risultati ottenuti in questo lavoro hanno mostrato la presenza inequivocabile di un trattamento a base proteica, probabilmente una colla animale a base di collagene o caseina, applicata direttamente sul legno e parzialmente assorbita da esso”, afferma Chiaramaria Stani. Tale trattamento sarebbe in grado di influenzare il suono dello strumento stesso, donandogli la sua inconfondibile chiarezza.
Tra gli autori figura anche Lisa Vaccari, responsabile della linea di luce SISSI di Elettra, la quale afferma: “Grazie all’applicazione delle tecniche avanzate disponibili presso il nostro laboratorio è stato possibile ottenere risultati straordinari su campioni estremamente complessi, dimostrando le potenzialità delle metodologie applicate e aprendo nuovi scenari per lo studio dei beni culturali”.
L’accesso alle strumentazioni scientifiche presso Elettra 2 Sincrotrone Trieste, in AREA Science Park, è stato reso possibile grazie a un bando del Consorzio Centro Europeo delle Infrastrutture di Ricerca (CERIC), di cui Elettra è partner italiano. “Non siamo ancora in grado di definire in modo univoco la tecnica costruttiva del maestro cremonese, ma grazie a questo lavoro abbiamo fatto un sostanziale passo in avanti nel comprendere come Stradivari costruisse i suoi incredibili strumenti“, conclude Marco Malagodi, responsabile scientifico del Laboratorio Arvedi di Diagnostica Non Invasiva dell’Università di Pavia e co-autore dello studio.