I dati sul lavoro femminile in Friuli Venezia Giulia.
L’8 marzo rappresenta sempre un’occasione di analisi e riflessione sullo stato di avanzamento della parità di genere. Quest’anno assume una valenza speciale, poiché ricorre il trentennale della Conferenza mondiale delle donne di Pechino (1995), che diede un impulso fondamentale al successivo sviluppo di strategie e politiche, metodi e strumenti per promuovere le pari opportunità. Da allora molti risultati sono stati conseguiti, ma il percorso verso si presenta ancora lungo e in salita: i dati evidenziano infatti la persistenza di molteplici e ampi divari tra uomini e donne nella società. Lo premettono i ricercatori dell’Ires Fvg Alessandro Russo e Chiara Cristini in un loro approfondimento.
Le donne sono la metà della popolazione
Perché occuparsi di parità di genere? Perché le donne, secondo i dati Istat relativi al 2023, sono oltre la metà della popolazione residente: sono infatti il 51,1% in Italia e in Friuli Venezia Giulia, il 50,8% in Veneto. Quota che aumenta nelle fasce più anziane della popolazione: le over 65enni rappresentano il 55,9% in Italia, il 55,6% in Veneto e raggiungono il 56,5% in Friuli Venezia Giulia. Non si tratta dunque di una questione marginale.
Il gender gap: un indicatore-chiave per le politiche di occupabilità
Un ambito in cui la parità è ancora lontana è quello del lavoro: i gender gap rimangono ancora significativi, come si osserva comparando i tassi di occupazione maschili e femminili degli ultimi cinque anni. Considerando i dati Istat relativi al Friuli Venezia Giulia, al Veneto e all’Italia, nel 2023 tra gli uomini in età attiva (15-64 anni) il 70,4% risultava occupato, tra le donne poco più di una donna su due (52,5%). Il divario è di quasi 17,9 punti, recuperando appena un decimo rispetto a cinque anni prima. L’Italia si trova all’ultimo posto in UE per tassi di occupazione femminili e l’indicatore è inferiore di 13,2 punti dal valore medio dell’Ue-27 (65,7%) [Eurostat]
In Veneto il tasso di occupazione delle donne raggiunge nell’ultimo anno il 62,8% e in Friuli Venezia Giulia il 62,2%, ponendo le due regioni molto prossime al valore medio Ue, ma presentando comunque dei divari di genere rispettivamente di 15, punti e 12,9 punti, in lieve riduzione rispetto a cinque anni prima.
Osservando le fasce d’età, in Friuli Venezia Giulia il divario di genere è più elevato nella classe compresa tra i 25-34 anni (18,2 punti), mentre in Veneto il gender gap è lievemente maggiore nella fascia 45-54 anni (16,2 punti). Confrontando inoltre i tassi di occupazione femminili, i valori del Friuli Venezia Giulia rimangono inferiori rispetto a quelli del Veneto nelle fasce 25-44 anni, mentre sono più alti per le età più avanzate.
Sono ormai innumerevoli le analisi, condotte a livello europeo, nazionale e locale, che evidenziano come la riduzione del gender gap non possa prescindere da misure e interventi strutturali e di sistema, in grado di sciogliere il “nodo complesso” della conciliazione dei tempi e dei ruoli lavorativi e familiari.
Part time: un orario “al femminile”
Donne e uomini hanno differenti opportunità anche dal punto di vista della qualità e condizioni di lavoro. Il part time rappresenta da questo punto di vista una marcata caratterizzazione di genere (femminile). Secondo l’Istat, nel 2023 oltre un terzo delle donne aveva un lavoro a tempo ridotto (in particolare il 34,5% in Friuli Venezia Giulia, il 36,2% in Veneto e il 31,5% in Italia), mentre tra gli uomini l’incidenza di questa forma di orario interessa il 7,6% in Friuli Venezia Giulia, il 6,7% in Veneto e l’8,1% in Italia.
Il part time impatta in misura significativa sui livelli di reddito e sulle prospettive pensionistiche: il fenomeno del “lavoro povero” non è infatti neutro dal punto di vista di genere, ma rappresenta un elevato rischio di vulnerabilità per una serie di fasce sociali quali: donne con titoli di studio bassi, contratti a termine, madri sole, donne vittime di violenza. Inoltre, con l’invecchiamento della popolazione, è destinato ad aumentare il numero di pensionate a basso reddito, con un probabile impatto sulla spesa socioassistenziale degli enti locali.
Il part time, oltretutto, è spesso involontario: così è stato – nel 2023 – per il 52,9% dei maschi occupati con orario ridotto e per il 34,5% delle femmine del Friuli Venezia Giulia; per il 37,5% degli uomini e per il 32,9% delle donne in Veneto e, a livello nazionale, per il 63,3% dei maschi e per il 49,6% delle femmine.
Solo il 15% dei dirigenti è donna.

E all’interno delle imprese? Prendendo in considerazione i dati Inps sui dipendenti, la distribuzione di genere per livello di inquadramento evidenzia ancora il persistere del “soffitto di cristallo”, ovvero una presenza femminile ancora minoritaria ai livelli dirigenziali. Nel 2023, in Friuli Venezia Giulia le donne sono il 15,3% tra i dirigenti, una quota inferiore sia al Veneto (16,2%), sia al dato italiano (22,0%).
Il gender pay gap: un indicatore delle diseguaglianze
Comparando l’imponibile previdenziale medio dei dipendenti nel privato con riferimento al 2023 (INPS), si osserva un rilevante differenziale retributivo, che è pari a -33,2% in Friuli Venezia Giulia (-9.405 euro in valore assoluto), un valore superiore sia a quanto rilevato in Veneto (divario del -32,5%, pari a 9.296 euro in v.a.), sia a livello nazionale (-29,5% pari a 7.997 euro in v.a.). Si tratta di un indicatore che “riassume” una molteplicità di elementi: la diversa distribuzione per settori, tipologie contrattuali, orario, ma fotografa anche le differenti opportunità di carriera e di divisione dei ruoli lavorativi e di cura. È dunque una sorta di “termometro” della parità.
Il percorso verso la parità è ancora lungo.
Nonostante le donne rappresentino oltre la metà della popolazione, gli indicatori-chiave del mercato del lavoro indicano come il percorso verso la parità sia ancora molto lento. I divari (occupazionali, di carriera e di retribuzione) continuano a evidenziare la necessità di interventi in grado di affrontare la complessità della questione, che ha cause strutturali (accessibilità delle soluzioni e servizi di welfare), culturali (persistenza degli stereotipi, prassi organizzative) e richiede approcci nuovi e soprattutto “sistemici”, che coinvolgano più attori: aziende, parti sociali, terzo settore, enti locali, sistema dell’istruzione e della formazione, la cittadinanza.
Rispetto a trent’anni fa, esistono molti più strumenti di intervento: dai bilanci di genere degli enti locali, alla contrattazione territoriale, al welfare aziendale. Un ruolo importante nel processo di cambiamento va attribuito anche alla certificazione di genere, modalità che aiuta le organizzazioni a prendere consapevolezza del fatto che le “politiche di genere” siano una leva verso il miglioramento organizzativo, di performance e competitività, ma anche un’occasione per creare connessioni e alleanze per la sostenibilità.
Per accelerare questo percorso, le imprese possono avvalersi del progetto “Percorsic”: un intervento finanziato dalla regione Friuli Venezia Giulia e dal FSE+, e di cui IRES FVG è capofila, che mette a disposizione percorsi di coaching individualizzato.