Occupazione femminile, Friuli sopra la media italiana ma il Nord Europa rimane lontano

L’occupazione femminile in Friuli Venezia Giulia.

La situazione dell’occupazione femminile in Italia presenta diverse problematiche, ma in Friuli Venezia Giulia il quadro appare più favorevole rispetto al resto del Paese. Secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confindustria Udine su fonti Eurostat e Istat, nel secondo trimestre del 2024, il tasso di occupazione femminile (donne tra i 20 e i 64 anni) ha raggiunto il 69,4% nella regione, superando di quasi 12 punti percentuali la media nazionale del 57,6% e avvicinandosi a quella europea del 71%.

Nonostante il risultato positivo, il Friuli Venezia Giulia rimane comunque distante dai livelli di alcuni Paesi del Nord Europa, come l’Olanda (79,9%), la Svezia (80,8%) e l’Islanda (85,4%). Anche la Germania, con un tasso del 77,7%, si colloca sopra i dati regionali.

Disparità di genere nel mercato del lavoro

Il divario tra il tasso di occupazione femminile e maschile è ancora evidente, seppur meno accentuato in Friuli Venezia Giulia rispetto al resto d’Italia. A livello nazionale, il tasso di occupazione maschile si attesta al 76,8%, mentre in FVG sale all’81,6%. Il divario risulta più marcato nel confronto con altri Paesi europei: in Germania, ad esempio, il tasso di occupazione maschile raggiunge l’84,9%, in Olanda l’87,4%, e in Islanda il 90,5%.

Le cause della disparità

Secondo Confindustria, una delle cause principali della bassa occupazione femminile in Italia è la difficoltà di conciliare lavoro e maternità. Secondo l’Indagine INAPP, una donna su cinque abbandona il mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio, con oltre il 52% delle interruzioni legate a difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia. Il tasso di occupazione delle donne con figli sotto i 6 anni è del 55,5%, significativamente inferiore a quello delle donne senza figli (76,6%).

In Friuli Venezia Giulia, nonostante le dinamiche siano meno critiche, anche qui le donne affrontano difficoltà simili. Il ricorso al part-time, ad esempio, è un fenomeno prevalente: nel secondo trimestre del 2024, il 31% delle donne in Italia lavorava a tempo parziale, contro appena il 7,1% degli uomini. Le donne, quindi, risultano più esposte a forme di lavoro precario e meno remunerative.

Il ruolo delle lauree STEM

Un altro fattore che incide sulla partecipazione femminile al lavoro è la bassa quota di laureate nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Solo il 16,8% delle donne italiane tra i 25 e i 34 anni possiede una laurea in queste materie, rispetto al 37% degli uomini. In Friuli Venezia Giulia, come nel resto del Paese, l’incremento delle lauree STEM tra le donne potrebbe favorire una maggiore occupazione in settori strategici e ad alto valore aggiunto.

Le prospettive economiche

Secondo Michele Nencioni, direttore generale di Confindustria Udine, ridurre il divario di genere nel mercato del lavoro non solo rappresenterebbe un passo avanti in termini di equità, ma avrebbe anche un impatto significativo sull’economia. Nencioni sottolinea che, secondo le stime della Banca d’Italia, un aumento del 10% della partecipazione femminile al lavoro potrebbe incrementare il Pil di una percentuale simile nel lungo termine.

Le politiche necessarie

Per migliorare ulteriormente la situazione, Nencioni evidenzia la necessità di rafforzare le politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia, ampliando l’offerta di servizi per l’infanzia e promuovendo il congedo parentale anche per i padri. Inoltre, suggerisce una revisione del sistema fiscale e dei trasferimenti alle famiglie, in modo da non disincentivare l’occupazione femminile.

Infine, Nencioni invita le imprese a sviluppare un’organizzazione del lavoro più flessibile, con benefit aziendali che includano servizi per la cura dei bambini, contribuendo così a rendere il mercato del lavoro più accessibile per le donne.

In conclusione, Friuli Venezia Giulia si distingue positivamente nel panorama nazionale per quanto riguarda l’occupazione femminile, ma restano margini di miglioramento, soprattutto in termini di parità di genere e conciliazione tra vita lavorativa e familiare.