In Fvg monta intanto la protesta delle categorie per le chiusure.
Un pranzo di Natale in ristorante val bene una messa. Parafrasando la celebre frase di Enrico IV di Francia sembra proprio essere questo il leit motiv di cittadini del Friuli Venezia Giulia che hanno deciso di anticipare di due giorni il tradizionale pranzo natalizio fuori casa.
L’ultimo Dpcm per il contenimento della pandemia, infatti, prevede la chiusura di bar e ristoranti a partire già dal 24 dicembre. Se, dunque, è sfumata la possibilità di sedersi e farsi comodamente servire a tavola il 25 in uno dei tantissimi ristoranti della regione, il popolo del Fvg non si è fatto scoraggiare e ha deciso di anticipare di due giorni l’appuntamento con la buona tavola.
D’altra parte, se anche la Santa messa della vigilia viene anticipata e Gesù bambino può “nascere” quindi prima della mezzanotte, che sarà mai, si saranno detti, fare il pranzo di Natale il 23 dicembre, ultimo giorno utile, anziché il 25?
Difficilissimo, se non impossibile, prenotare un posto a pranzo per oggi in Fvg. Tutti o quasi i ristoranti, trattorie e chi più ne ha ne metta, hanno dovuto fare i conti con un vero e proprio assalto alla diligenza. Per non parlare delle prenotazioni arrivate per la sera, quando i ristoranti sono chiusi per quanto riguarda il servizio al tavolo, ma aperti per le consegne a domicilio o per l’asporto.
Intanto scoppia la protesta di gestori di pubblici esercizi e ristoratori contro il Governo che ha imposto di tener abbassate le serrande, appunto, in queste giornate di festa. Per tutta la durata delle festività, quindi, decine di migliaia di locali in Italia e anche in Friuli Venezia Giulia esporranno un cartello di protesta all’indirizzo del Governo per dire “Basta!” al caos normativo. L’iniziativa, lanciata da Fipe e Fiepet, le principali associazioni di rappresentanza dei pubblici esercizi di Confcommercio e Confesercenti, affiancate dalla Federazione italiana cuochi, è stata accolta anche in sede locale dal presidente della Confcommercio Giovanni Da Pozzo e dal presidente di Confesercenti Marco Zoratti.
“22 Dpcm, 36 Decreti legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato – denunciano Fipe e Fiepet -. Basta! Questo diciamo a un Governo che apre e chiude le nostre aziende come interrutttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle”.