Il 2022 ha segnato un forte aumento delle dimissioni in Fvg.
Aumentano le assunzioni, certo, ma aumentano soprattutto le persone che decidono di mollare il lavoro: il 2022, infatti, in Fvg ha segnato un boom di dimissioni con una crescita che ha sfiorato il 20 per cento.
A dirlo, è una nuova indagine del ricercatore di Ires Fvg, Alessandro Russo, su dati Inps: l’anno scorso, le interruzioni dei rapporti di lavoro sono passate da 131.000 a 156.000, quasi il 19 per cento in più. Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono la motivazione di gran lunga principale della conclusione dei rapporti a tempo indeterminato.
Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni a tempo indeterminato, nel biennio 2021-2022 la loro incidenza ha superato il 75 per cento. In provincia di Pordenone ha superato l’80 per cento ed è una tra le più elevate d’Italia assieme a due province venete: Treviso (81 per cento) e Vicenza (80,5 per cento). Questo risultato sembra confermare che il Nordest è una delle aree del Paese più dinamiche dal punto di vista economico e dove sono maggiori le opportunità per chi vuole cambiare occupazione.
Per quanto riguarda le restanti cessazioni del rapporto di lavoro, quelle di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40 per cento nel 2014 a valori vicini al 10 per cento nell’ultimo triennio, anche per effetto del blocco dei licenziamenti che era stato deciso durante la pandemia. Solo nel 2022 c’è stata una lieve ripresa che ne ha portato l’incidenza al 13,6 per cento. Nel tempo è invece sensibilmente aumentato il peso dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5 per cento nel 2014, all’attuale 5,8 per cento).
Il 2022 ha visto anche un aumento delle assunzioni in Fvg nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli): + 12,4 per cento rispetto all’anno precedente, ossia da 143.000 a 161.000, quasi 18.000 unità in più. Tale valore risulta inoltre superiore (di circa 14.500 unità) anche a quello registrato nel 2019, prima della pandemia. Nella seconda parte dello scorso anno, spiega Russo, si osserva comunque un rallentamento della domanda di lavoro; la crescita rilevata si è infatti concentrata nei primi cinque mesi, mentre da giugno in poi i dati sono allineati a quelli del 2021.
A crescere, sono state soprattutto le assunzioni a tempo indeterminato (quasi 4.800 in più, pari a +25,8 per cento), mentre in valori assoluti l’incremento più rilevante ha riguardato quelle a termine (+4.900 unità, +8,3 per cento). Nel 2022 le assunzioni a tempo indeterminato sono state 23.300; nel recente passato solo il 2015 ha fatto segnare un valore più elevato (quasi 30.000), anche grazie ai forti sgravi contributivi introdotti quell’anno. Un’altra tipologia che è notevolmente aumentata è stata quella dei contratti stagionali (+20,5 per cento), a testimonianza del buon andamento del comparto turistico, che fino ai primi mesi del 2021 subiva ancora gli effetti negativi delle restrizioni introdotte per contrastare la pandemia.
Nel complesso a livello territoriale la provincia di Udine presenta la variazione positiva di maggiore entità (+16,5 per cento); Trieste (+13,5 per cento) e Gorizia (+11,9 per cento) evidenziano degli incrementi comunque significativi; solo Pordenone mostra una crescita più contenuta, pari a +4,6 per cento.
Infine, si confermano le difficoltà delle aziende a trovare il personale: in base alla rilevazione condotta dal sistema informativo Excelsior, le imprese dell’industria e dei servizi stimano 8.530 entrate di lavoratori a marzo 2023. Nel 56,5 per cento dei casi prevedono di avere delle difficoltà a trovare i profili professionali ricercati, soprattutto per la mancanza dei candidati (34,1 per cento) più che per la scarsa preparazione degli stessi (16 per cento). La percentuale di assunzioni difficili in provincia di Pordenone supera il 60 per cento (60,7 per cento) ed è il valore più alto a livello nazionale. Tra le figure più richieste a marzo in regione si trovano ai primi posti: gli esercenti e addetti alla ristorazione (1.150 entrate previste), il personale non qualificato nei servizi di pulizia (620) e gli addetti alle vendite (610).
Tra le dieci figure maggiormente richieste, invece, quelle più problematiche da reperire sono: gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici, i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica e i conduttori di veicoli a motore. I dati mostrano inoltre che negli ultimi anni gli ostacoli al reperimento del personale sono cresciuti: a giugno dello scorso anno, nonostante l’aumento progressivamente registrato, si attestavano ancora al 45 per cento, dieci punti percentuali in meno rispetto alle previsioni odierne.