I nodi irrisolti del Green Pass in Fvg.
Con l’ufficializzazione dell’obbligo del Green Pass a partire dal 6 agosto, relativo decreto governativo, si aprono alcuni nodi legati alla nuova misura. Dubbi che non mancano nemmeno tra gli addetti ai lavori.
È così, per esempio, nel settore dei locali pubblici. Gli spazi al coperto di bar e ristoranti potranno essere frequentati soltanto da chi sarà in possesso di Green pass, oppure vaccinato con almeno la prima dose, o ancora guarito dal Covid o munito di tampone negativo risalente alle 48 ore precedenti. Ma se l’obbligo riguarda i clienti, per quanto riguarda titolari e personale sarà la stessa cosa? “Allo stato attuale, per quanto ho letto e ascoltato, la prescrizione non riguarda gli operatori del settore – allarga le braccia Antonio Dalla Mora, presidente provinciale Federazione pubblici esercizi (Fipe) di Udine -. Siamo in attesa di delucidazioni da fonti ministeriali. Va detto che molti titolari e dipendenti sono già in regola, quindi non vedo problemi di sorta”.
Qualche grattacapo, invece, l’adozione obbligatoria del Green Pass lo crea. “È una complicazione sotto molti punti di vista e a mio parere non favorisce le riaperture, come era nel suo intento. I colleghi già chiusi non riapriranno – chiude Dalla Mora – e i rimanenti saranno comunque in difficoltà”.
Anche ai concerti dal 6 agosto sarà necessario presentarsi muniti di “passaporto” in Fvg. E questo, inevitabilmente, creerà qualche fisiologico problema agli organizzatori. “Fermo restando che qualsiasi decisione avrebbe scatenato malumore, e che sono favorevole a vaccino e Green Pass – premette Luigi Vignando, promotore di moltissimi eventi in regione e non solo -, forse certi obblighi andavano introdotti a inizio campagna vaccinale, non in corso d’opera”.
Lui e il suo staff stanno già lavorando per farsi trovare pronti. “Lavoreremo ancor di più sulle domande del pubblico ed è ovvio che il controllo del Green Pass, digitale o cartaceo che sarà, inevitabilmente allungherà i tempi di ingresso ai concerti – conclude Vignando -. Siamo nell’era della comodità e molti storceranno il naso“.
A poche ore dall’annuncio dell’adozione del green pass per alcuni comparti, la confusione ha già avuto la meglio. “Vogliamo ricordare agli albergatori che la loro categoria non è interessata dal provvedimento che, ci tengo a sottolineare, è ancora una bozza”, ha fatto sapere Alberto Cicuta, direttore di Confesercenti Fvg. “Confesercenti ha chiesto un tavolo tecnico urgente per avviare un confronto con le associazioni che rappresentano le imprese interessate dalle limitazioni” perché sono necessari correttivi e chiarimenti sulle modalità di controllo prima dell’entrata in vigore dell’obbligo, il prossimo 6 agosto.
“Fermo restando l’importanza di muoversi all’unisono per fermare la pandemia – ha continuato Cicuta – il documento che ora abbiamo in mano necessita di essere rivisto, quindi chiedo agli albergatori, molti dei quali ci hanno chiamato perché hanno già ricevuto delle disdette, di non allarmarsi”.
Secondo l’associazione di categoria regionale, in linea con quanto riferito dal direttivo nazionale, il green pass, così come è stato delineato, rischia di essere un provvedimento ingiustamente punitivo per le imprese, che non solo devono sostenere l’onere organizzativo ed economico del controllo, ma anche assumersi responsabilità legali che non competono loro, senza considerare che rappresenta una forte limitazione dell’attività economica, che andrà certamente indennizzata. Oltre a ciò, restano delle incongruenze incomprensibili, si pensi all’estensione dell’obbligo anche alle fiere e alle sagre all’aperto, che appare immotivata, visto che notoriamente il pericolo di contagio all’aria aperta è minore. Allo stesso modo, non si capisce perché l’obbligo di green pass non sia sufficiente a riaprire le discoteche.
Riguardo all’obbligo di Green Pass per gli addetti dei vari settori, Villiam Pezzetta, segretario regionale Cgil, sottolinea che “bisognerà capire se dovranno averlo o meno e come sarà scritta la norma, con le sue interpretazioni. Deve prevalere – aggiunge – l’interesse per la salute collettiva, ma non bisogna che una regola possa diventare discriminatoria nei confronti dei lavoratori e possa essere utilizzata da qualcuno per altri scopi. Serve chiarezza e all’interno dei chiarimenti si valuterà”.