Le tensioni legate all’Islam in Friuli Venezia Giulia.
Da Monfalcone a Pordenone: il Friuli Venezia Giulia è attraversato, da un capo all’altro, da tensioni e polemiche legate all’Islam e ai centri di preghiera sul territorio.
A Monfalcone.
Nell’area isontina, il caso della sindaca Anna Maria Cisint che ha chiuso due centri islamici ha fatto e sta facendo discutere: ” Questi locali non possono essere destinati a moschee. In quei locali non si può più pregare, non sono centri di culto, non sono moschee – ha detto la prima cittadina di Monfalcone, motivando il provvedimento -. Sono locali che urbanisticamente sono destinati ad altro. Un provvedimento di civiltà e di rispetto dell’ordine pubblico e della legalità“.
E oggi, i fedeli islamici della cittadina (che hanno già annunciato ricorso al Tar) lamentano di non avere un posto per la preghiera del venerdì, data anche la pioggia prevista in questi giorni. Non solo: a indicare una tensione crescente, c’è anche il fatto che alla comunità islamica è stata recapitata una busta contenete alcune pagine del Corano bruciate.
“Esprimiamo la massima solidarietà al centro culturale islamico Darus Salaam, al presidente Bou Konate e ai frequentatori del centro per aver ricevuto la lettera con le pagine bruciate del Corano. Un atto delirante, auspichiamo isolato, figlio di un pessimo clima che a Monfalcone si sta in maniera molto preoccupante esasperando, anche a causa delle continue dichiarazioni e interventi della sindaca Cisint che rischiano di lasciare strascichi dannosi, incontrollati e negativi” sono intervenuti Enrico Bullian e Diego Moretti, consiglieri regionali rispettivamente del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg e del Partito democratico.
“A Cisint – hanno continuato – non interessa l’integrazione, ma vorrebbe assimilare le comunità straniere, non essendo riuscita – secondo il progetto originario – a cacciarle: procede esclusivamente a esasperare i toni additando un nemico da abbattere, con rischi imprevedibili di vario tipo, che possono diventare incontrollabili, dal punto di vista della coesione sociale e perfino dello stesso ordine pubblico“.
A Pordenone.
Anche al di là del Tagliamento, la scorsa estate è stato chiuso il centro islamico della Comina, un provvedimento che ha avuto come conseguenza la nascita di diverse “piccole moschee” (luoghi di ritrovo spontanei, per la preghiera, in spazi privati), che però sono ovviamente meno controllabili dalle forze dell’ordine rispetto al centro di ritrovo originario.
Non solo: recentemente l’area del pordenonese ha dovuto fare i conti con alcuni atti che, secondo le indagini in corso, potrebbero avere una matrice comune e di impronta islamica. Si tratta delle scritte che inneggiavano ad Allah sul campanile della chiesa di Sacile, cui è seguito, proprio a Pordenone, l’imbrattamento del muro su cui era proiettata la bandiera di Israele fino all’ultimo episodio quando alcuni giorni fa, un gruppo di ragazzini stranieri ha strappato la bandiera di Israele dal Municipio e ha provato a darle fuoco.
Le indagini sono ancora in corso, ma il timore è che, se si dovesse scoprire una mano unica dietro ai diversi episodi, potrebbe trattarsi non di ragazzate, ma di qualcosa di più articolato, una sorta di radicalizzazione islamista nelle nuove generazioni. Non a caso, le forze dell’ordine hanno deciso di monitorare più attentamente i centri che accolgono i minori stranieri.