Il dramma silenzioso sulle colline del Carso, migliaia di animali morti negli incendi

Il dramma degli animali morti negli incendi del Carso.

La tragica situazione che in queste ore sta consumando le zone del nostro Carso ormai è nota a tutti. Un danno enorme, ancora non quantificabile. In questo inferno di fiamme, purtroppo, oltre alle centinaia di ettari di alberi bruciati sono morti anche tantissimi animali caratteristici dei nostri luoghi.

“Siamo affranti e senza energia – dichiara Michele Tonzar, presidente di Legambiente di Monfalcone – . Si stanno toccando con mano le conseguenze del cambiamento climatico”, Gli animali, sebbene non subito, torneranno sicuramente a ripopolare le zone colpite ma ciò dipende anche dalla ripresa della vegetazione, e si parla di diversi anni. “Dopo gli incendi c’è infatti l’ingresso di una vegetazione ruderale e inizialmente l’ambiente si presenta abbastanza sporco” afferma la guida naturalistica Marta Pieri.

Si può fare un primo bilancio della situazione? “Non esiste un censimento a livello globale di tutte le specie che abitano la zona quindi è difficile dare una stima dei danni – risponde Pieri – . Sicuramente gli animali più fortunati sono quelli più grandi e con maggiore mobilità, come alcuni tipi di mammiferi o uccelli non nidificanti”. Oltre a tutto ciò, non bisogna dimenticare le esplosioni dovute ai residui bellici.

Gli animali più colpiti dagli incendi.

“Purtroppo per una buona parte della fauna colpita dalle fiamme non c’è molto da fare, in quanto le ustioni si possono trasformare velocemente in infezioni ed andare in setticemia. Appena sarà possibile, si potranno cercare gli esemplari rimasti e provare a curarli con antibiotici ed antidolorifici perché saranno immersi in un sofferenza atroce” spiega Damiano Baradel, responsabile del Centro Recupero Fauna di Terranova. “Assioli e giovani civette hanno sicuramente avuto le peggiori perdite. Altre specie che ne faranno le spese sono gli scoiattoli o animali più lenti e piccoli come ricci e tartarughe di terra e tutto il sottobosco in generale”. Non dimentichiamo rettili, anfibi, cuccioli di sciacallo e uccellini appena nati, e coloro che si sono rifugiati nelle tane, rimasti tristemente bruciati all’interno delle stesse dato che, oltre alle alte temperature, l’incendio consuma tutto l’ossigeno.

“Ma anche i pipistrelli, che oltre a stare nelle grotte, passano molto tempo anche nelle cavità degli alberi e sotto la corteccia; infine, i piccoli invertebrati e la microfauna che vive nel terreno.” sottolinea la Pieri. “Essi sono importantissimi per l’ecosistema perché sono i maggiori decompositori di sostanza organica. Si occupano infatti di riciclare tutte le sostanze nutritive e sono una parte importante del ciclo perché sono decompositori-detritivori. Oltre a loro, ci sono anche una serie di batteri e funghi che agiscono in questo senso. Nel concreto, rendono disponibili elementi chimici per produrre nuova biomassa vegetale, facendo crescere nuove piante e dando da mangiare agli altri esseri viventi”.

Bisogna però attendere una grande pioggia e la bonifica della zona per poter andare a ricercare i nostri amici animali in sicurezza, in quanto, c’è la possibilità che il fuoco riprenda dato che comunque sta continuando a bruciare sottoterra. Fortunatamente la boscaglia e la landa carsica hanno un suolo abbastanza sottile in quanto la roccia calcarea occupa una grande porzione in profondità. I fuochi sotterranei, infatti, dipendono dalla profondità del terreno e dalla quantità di sostanza organica che ne è accumulata. “Negli ambienti di torbiera, ad esempio nella bassa friulana, c’è uno strato abbastanza profondo di torba che non si riesce a decomporre per la presenza di acqua e per l’assenza di ossigeno dove avvengono i cosiddetti ‘incendi di torba’, appunto – conferma Marta Pieri – . Nei nostri territori, all’opposto, spesso abbiamo roccia affiorante, basti pensare alle pietraie, e lo strato di terreno è comunque più sottile. Se però il fuoco raggiunge le zone umide dei laghi, potenzialmente può andare avanti ad ardere per più tempo”.

Cosa fare per aiutare gli animali in difficoltà.

Molti si chiedono cosa si può fare attualmente per aiutare la fauna in difficoltà: “Sostanzialmente molto poco al momento” sottolineano gli esperti, perché come accennato, non bisogna ‘improvvisarsi eroi’ prima che la zona non sia stata bonificata. La chiusura temporanea della viabilità ha potuto facilitare un po’gli spostamenti degli animali che in questo modo sono potuti scappare più facilmente. Con la riapertura delle strade, la LAV di Trieste raccomanda di guidare piano e fare attenzione, soprattutto durante le ore crepuscolari, ore in cui sono più probabili gli attraversamenti degli animali in fuga.

Importante è quindi seguire le indicazioni future che verranno date delle autorità. Per chi si trova nei pressi delle aree colpite e dispone di spazi aperti, poi, si consiglia di creare dei rifugi o dei nidi per gli animali che possono cercare un nascondiglio. Inoltre, importante è disporre delle ciotole basse d’acqua fresca nei propri giardini o fuori casa, sia nei pressi dell’incendio che altrove. Questo perché la siccità e le alte temperature innescate dal cambiamento climatico causano continua sofferenza a molti mammiferi ed uccelli in cerca di ristoro.

I numeri utili.

Per chi, invece, dovesse incontrare degli animali selvatici spaventati o feriti nelle strade limitrofe agli incendi, i numeri da contattare sono:

  • Stazione forestale di Monfalcone: 335 1313500 (Per la zona da Fogliano a Grado)
  • Stazione forestale di Piuma: 335 1313497 (Per la zona da Gorizia a Gradisca)
  • Ditta ARCA 345 2556155 (dalle 16.00 alle 08.00 di notte in provincia di Trieste; tutta la giornata per la domenica)
  • ENPA Trieste 040 910600
  • Centro recupero fauna selvatica ed esotica di Terranova 348 405 6523 (possibilità di portare gli animali direttamente in sede in Via Grado 28 Terranova-San Canzian d’Isonzo)

“Chiamare i numeri consigliati è fondamentale in quanto, per maneggiare o trasportare animali selvatici, ci sono delle attenzioni e delle normative ben precise da rispettare, anche perché comunque si parla di animali doloranti e spaventati che potrebbero avere anche comportamenti di difesa aggressivi.” Conclude Pieri: “Consiglio di monitorare le pagine della Protezione Civile perché probabilmente, quando si potrà accedere alle aree, ci sarà un’attivazione di gruppi di ricerca o un appello che darà indicazioni su come poter fare per aiutare gli animali in difficoltà”.