Aumentano le dimissioni dei sanitari in Fvg.
Sono sempre di più i medici e gli infermieri che “scappano” dalla sanità pubblica, anche in Fvg: non ci sono solo i pensionamenti a pesare sulla cronica carenza di personale, infatti, ma anche le dimissioni volontarie, che sono cresciute negli ultimi anni fino a diventare il principale motivo di uscita dal settore.
A dirlo sono i numeri diffusi dalla Funzione Pubblica della Cgil Fvg, con la sua segretaria Orietta Olivo e il responsabile sanità Pierluigi Benvenuto. Secondo le cifre del sindacato, nel 2020 le cessazioni di lavoro, tra l’Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute, le tre Aziende sanitarie (Asfo-Friuli Occidentale; AsuFc-Friuli Centrale; AsuGi-Giuliano Isontina), il Cro e il Burlo, sono state in totale 1.126 (di cui 429 dall’AsuFc). Di queste 465 per quiescenza, 451 per dimissioni volontarie e 210 per altri motivi.
Già nel 2021, però, i rapporti si sono ribaltati: sulle 1.065 cessazioni, i pensionamenti sono stati 395 mentre sono stati 491 i professionisti che se ne sono andati volontariamente. Nel 2022, la situazione è peggiorata: le uscite complessive dalle struttura sanitarie regionali sono state 1.170 di cui 401 per quiescenza, 588 per dimissioni volontarie e 181 per altre motivazioni.
Nel totale del triennio 2020-2022, quindi, sulle 3.361 cessazioni, 1.530 sono quelle riconducibili alle dimissioni volontarie, 1.261 ai pensionamenti e 570 ad altri motivi. Chi se ne va di sua volontà, quindi, rappresenta il 45,50% delle uscite dal settore mentre chi va in pensione il 37,50%.
Secondo la Cgil, i motivi di questo aumento delle dimissioni non sono riconducibile solo al covid, né alle questioni economiche: “Ciò che incide maggiormente – dice la sigla sindacale -, sono le condizioni di lavoro: turni stressanti, troppo ravvicinati, richiami in servizio nel giorno di riposo, ferie maturate ma non godute. Una vera e propria impossibilità, insomma, ad avere il recupero psico-fisico e anche solo un barlume di conciliazione fra tempi di vita e di lavoro. L’unica soluzione è assumere: solo così si sanerà la situazione”.
La questione del personale secondo la Cgil.
“È vero che abbiamo difficoltà a trovare personale, ma cosa ha fatto l’amministrazione regionale per invertire la rotta – continua la Cgil -? Quando ha cercato di valorizzare il sistema pubblico? Penso si possa dire mai, anche perché non è questa la linea politica del governo regionale, che vede nell’implementazione del privato la soluzione dei problemi di salute dei cittadini del Fvg. Quanto al presidente Fedriga, sostiene che sta lavorando con il governo sul numero chiuso delle facoltà, ma i risultati si vedranno fra anni. Se si fosse iniziato tre anni fa, saremmo a metà strada con i medici e avremmo più professionisti sanitari già formati. Non dimentichiamo poi che la formazione degli operatori socio sanitari (Oss) è di esclusiva competenza della Regione.
La questione delle retribuzioni.
Secondo il sindacato, l’assessore regionale Riccardo Riccardi ha ragione quando afferma che bisognerebbe togliere i tetti retributivi e garantire i percorsi di carriera “e dovrebbe sollecitare le nostre aziende sanitarie a rendere esigibili le novità contrattuali, perché questo è il nuovo modello di sviluppo professionale”.
“Infine, a livello nazionale, per evitare la fuga bisogna migliorare le condizioni di lavoro, aumentando il personale in servizio e facendo crescere le retribuzioni – conclude la Cgil -. La realtà è che il governo non ha ancora stanziato risorse per il contratto 2022-24 e la finanziaria di fine anno sarà l’ultima utile per garantire il rinnovo contrattuale. L’unica risposta del Governo all’urgenza salariale, di fatto, è invitare chi lavora in sanità a lavorare di più di quanto già fa. Non ci siamo proprio, e non è un caso se la situazione della sanità pubblica, di cui è specchio anche il Friuli Venezia Giulia, è uno dei grandi motivi della mobilitazione nazionale avviata da Cgil, Cisl e Uil. Mobilitazione che probabilmente non si fermerà dopo la terza delle tre manifestazioni indette a maggio”.