Fuga di cervelli: persi 7mila laureati
La cosiddetta “fuga dei cervelli” non è una questione di competenze, ma di condizioni di lavoro. A dirlo, l’assessore regionale all’istruzione, Alessia Rosolen, nel corso del convegno “Imprese e scuole in rete per il superamento del mismatch”, svoltosi alla Camera dei Deputati.
“Il fenomeno della fuga all’estero di molti giovani laureati è legato a carenze del sistema quali l’inadeguatezza dei salari, le scarse prospettive di carriera e di bilanciamento dei tempi di lavoro con i tempi della vita privata o, ancora, l’eccessiva precarietà contrattuale – ha detto -. Per questo ritengo che sia necessario cambiare il modello sociale in cui giovani si inseriscono all’uscita dal percorso scolastico e universitario”.
I numeri della fuga
Dal 2013 al 2023, in Friuli Venezia Giulia i laureati che hanno lasciato la regione per trasferirsi all’estero sono stati 7.433, quasi il doppio rispetto a quelli provenienti dall’estero che hanno scelto il territorio regionale (3.680). Un saldo negativo che viene in parte compensato dai movimenti interni: i laureati arrivati da altre regioni italiane (18.022) superano quelli che hanno lasciato il Friuli Venezia Giulia per trasferirsi altrove in Italia (15.013).
Le retribuzioni giocano un ruolo cruciale nella scelta dei giovani di cercare opportunità migliori altrove. Se la retribuzione annua lorda media in Friuli Venezia Giulia si attesta sui 25 mila euro, per i giovani scende drasticamente a 14.420 euro. Ancora più marcata la differenza per chi ha un contratto a termine: in questo caso la retribuzione media è di 11.580 euro, meno della metà rispetto ai coetanei con un contratto a tempo indeterminato (28.600 euro).
Numeri che stonano con il quadro positivo del mercato del lavoro regionale. I dati del terzo trimestre 2024 mostrano infatti che gli occupati in Friuli Venezia Giulia hanno superato quota 530mila, con un incremento dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2023 e del 4% rispetto al 2019. Il tasso di occupazione è tra i più alti d’Italia (70,4%), il gender gap si è ridotto dal 10,9% al 9,9% e la disoccupazione è scesa al 4,2%.
“Per anni ci siamo occupati del mondo del lavoro solo dal lato della domanda, ma oggi la crisi riguarda l’offerta, nonostante la Regione investa il 75% delle risorse del Fondo sociale europeo (circa 280 milioni) nella formazione e nell’accrescimento delle competenze, mitigando la difficoltà di comunicazione tra i mondi universitario, formativo e imprenditoriale”.
“Certamente la crisi demografica, con la conseguente riduzione del bacino di potenziali lavoratori, e l’invecchiamento della popolazione che comporta una classe di lavoratori anziani con competenze non aggiornate, influenzano la composizione e la dinamica del mercato del lavoro – ha detto ancora l’assessore -, ma resta centrale il tema della costruzione di un nuovo modello sociale, che ponga al centro il welfare, e che contrasti altri fenomeni quali la precarietà, soprattutto di giovani e donne, il part time involontario, gli inattivi. Spesso – ha concluso Rosolen -, il problema non è la mancanza di competenze, ma la non attrattività economico-salariale e sociale del nostro territorio“.