La situazione del Friuli dopo i roghi
Gli incendi boschivi divampati sul Carso italiano e sloveno a partire dal 16 luglio scorso hanno distrutto una superficie superiore ai 40 km2, un’estensione pari al Comune di Gorizia. E questo senza contare i migliaia di ettari bruciati in terra in friulana. Andando per le strade delle zone colpite dai roghi si tocca con mano quanto il territorio del Friuli Venezia Giulia sia ferito dai 34 roghi che hanno arso per un mese intero.
Vedendo la desolazione di questo paesaggio lunare fatto di tronchi carbonizzati viene da chiedersi quanto tempo ci vorrà prima che il paesaggio del Friuli Venezia Giulia ritorni ad essere verde come prima della metà di luglio. “Dipende dalla tipologia del bosco – risponde Renato La Rosa referente per il verde pubblico di Legambiente Friuli Venezia Giulia–. Se quello che è bruciato era un bosco di transizione, cioè con boscaglia, ci vorrà qualche anno. Ma se a essere bruciato è un bosco maturo, con alberi adulti e con dimensioni del tronco considerevoli, ci vorranno anche 50 anni”.
Non si può rimboschire ciò che è andato perso.
Cinquanta anni. Ma sono stime. Tutto sta a come reagirà l’ambiente colpito. E no, l’uomo può far poco. “Non si possono sostituire gli alberi bruciati. Il rimboschimento va inteso solo come eventuale elemento di supporto. A dirlo sono gli esperti: è preferibile che il bosco reagisca con le sue forze“, precisa Renato La Rosa. “Il rimboschimento va effettuato solo se la situazione è critica e si valuta che la ripresa sarebbe più lunga del previsto, tanto da essere pericolosa per il territorio“.
“A quel punto si procede di semine e la piantumazione, ma solo di piante erbacee, annuali. In attesa che il bosco ce la faccia da solo”. Si deve aspettare che la natura si prenda i suoi tempi per crescere, quindi, ma allo stesso tempo monitorare costantemente la sua crescita, anche per evitare che gli ettari siano sostituiti dalle piante infestanti che rischiano di sconvolgere l’equilibrio ambientale.
Quali sono le conseguenze degli incendi?
A disastro avvenuto la preoccupazione verte anche su quali saranno le conseguenze di migliaia di ettari perduti. Il primo pericolo è quello della perdita di biodiversità, ma anche di erosione e con questa anche di tenuta del terreno dal punto di vista idrogeologico. Non è immediato, ma i boschi servono a tenere l’acqua delle piogge torrenziali. E poi la Co2 in eccesso. “Tonnellate di co2 che non verranno assorbite perché non ci sono gli alberi ad assorbirla. Tonnellate di Co2 in cui saremo indebito”, ricorda il referente di Legambiente Friuli Venezia Giulia.
Cosa fare adesso
La prima cosa da fare adesso è contare i danni, fa sapere Renato la Rosa. Proprio per accompagnare il ripristino. “Si spera che gli habitat colpiti abbiano la forza di riprendersi da soli con interventi di supporto, ma come il territorio ha reagito agli incendi è una cosa che valutato nei prossimi mesi, a primavera 2023 anche. Stiamo organizzano un incontro il per il 2 settembre con la forestale, la protezione civile a Doberdò del Lago, dove presenteremo le nostre proposte fattuali”.
Per capire cosa fare per reagire agli incendi è necessario quindi comprendere come gestire le risorse anche del volontariato. “Alcune proposte di aiuto sono arrivare anche da fuori regione, sono stati colpiti da cosa è successo, ma non sappiamo come rispondere, perché dobbiamo coordinarci con il Corpo forestale la protezione civile e non ultima l’Università di Udine che sta studiando i danni.