L’allarme è dell’Ordine degli psicologi del Fvg.
Sembra la soluzione più facile, ma in realtà apre la porta a dipendenze e al peggioramento dei sintomi. Contro l’ansia e le paure reiterate e continue da Covid-19 anche i friulani hanno pensato di rivolgersi ad antidepressivi, ansiolitici e psicofarmaci con un trend in crescita che preoccupa l’Ordine degli psicologi del Friuli Venezia Giulia.
“È innegabile che la pandemia continui a generare a tutti i livelli e in tutte le fasce d’età insicurezze e stati d’ansia generalizzati che comportano insonnia, agitazione, pensieri sgradevoli, alle volte blocco del pensiero e dell’azione – dichiara il presidente dell’Ordine degli psicologi del Friuli Venezia Giulia, Roberto Calvani –, ma questo non giustifica il ricorrere in maniera acritica, e molte volte senza alcun tipo di controllo specialistico, a categorie di farmaci che possono essere utilizzati in modo inappropriato anche con nefaste auto-terapie”.
Soprattutto gli under 40 sembrano fra i più colpiti da ansie e senso di isolamento e smarrimento. In media si stima che in Italia ogni giorno vengano consumate 50 dosi di benzodiazepine per mille abitanti, poco meno le dosi di antidepressivi, 40 al giorno per mille abitanti.
“Anziché prendere le pastiglie per tentare di lenire queste sensazioni correlate al Covid – prosegue Calvani –, sarebbe più produttivo, e sicuramente meno impattante sulla salute complessiva, consultare lo psicologo. Spesso i cittadini non ci pensano, eppure si sa che gli ansiolitici agiscono sul sintomo, non sulla paura e sulle altre componenti emotive. Gli psicologi intervengono alla radice del problema, evitando la strada farmacologica”.
L’emergenza sanitaria ha acuito sensazioni quali senso di stanchezza, mancanza di lucidità, irritazione, calo della performance portando in primo piano sentimenti di sfiducia, preoccupazione, rabbia, frustrazione e tristezza.
“In queste settimane in cima all’elenco dell’ansia cosiddetta da limbo – precisa ancora Calvani – si colloca l’attesa del vaccino con domande su quando arriverà il proprio turno, quando la seconda dose o se basteranno le forniture. Così come le paure sull’efficacia e la protezione contro le varianti che adesso terrorizzano più del virus originario. Unitamente a questa insicurezza restano tutte le altre ansie da limbo, ovvero la paura di contagiarsi lo stesso, l’incubo di contagiare i familiari, l’attesa del tampone, dell’esito del tampone o per un parente ricoverato. Si vive in attesa e questa attesa non deve sfociare in malattia, altrimenti – conclude Calvani – oltre alla pandemia in corso ci troveremo ben prima del 2030, anno stabilito dall’Oms come anno nero della depressione, con una depressione che sarà fra le prime cause di morte”.