I rischi della guerra vicino alle centrali nucleari.
Tutti i giorni è un susseguirsi di messaggi di allerta. Sono le centrali nucleari il nuovo obiettivo di questa guerra che sta devastando l’Ucraina. Dopo Chernobyl, ieri i russi hanno preso il controllo di quella di Zaporizhzhia, dove è anche scoppiato un incendio. Si spara vicino alle centrali ed esplodono le bombe, aumentando il rischio di devastanti fughe radioattive. Solo nel territorio di Kiev sono 15 i reattori attivi su 4 impianti. L’Arpa Fvg ha intensificato a partire da sabato 26 febbraio il monitoraggio dei radionuclidi in aria nella propria stazione di Udine. Tutti i rilievi finora eseguiti, assicurano dall’agenzia regionale, non evidenziano alcun innalzamento della radioattività in aria rispetto ai valori di fondo naturale.
Ma cosa succederebbe in caso di una fuga radioattiva al Friuli Venezia Giulia? E come lo si verrebbe a sapere? Come sappiamo la regione sarebbe la prima in Italia che dovrebbe adottare delle misure d’emergenza. Dell’eventuale presenza di nubi radioattive lo si verrebbe a sapere prima di tutto dalla rete di rilevamento europea, tra cui quella dell’Austria e della Slovenia, garantendo al Friuli Venezia Giulia un vantaggio di alcune ore. Il 29 aprile 1986, dopo il disastro di Chernobyl, le nubi radioattive arrivarono in regione trascinate dai venti. Non ci fu nessun effetto visibile, ma come ricordò Andrea Wehrenfennig di Legambiente Fvg “tutto venne contaminato dalla nube radioattiva”.
Le aree più colpite, a causa delle piogge di quei giorni, furono le zone montane attorno alla Val Resia e al Tarvisiano, e vennero diramati i divieti a consumare selvaggina e a raccogliere i funghi nei boschi. A distanza di 30 anni, uno studio sempre di Arpa Fvg, pur ricordando la gravità dell’incidente, ha confermato che non ci sono state conseguenze a livello locale né sull’ambiente in generale, né danni diretti alla popolazione. Sebbene i segni di quel catastrofico evento siano ancora riscontrabili in diversi campioni di suolo e di muschi.