Potrebbe essere la mappa celeste più antica mai scoperta.
Il Friuli Venezia Giulia svela un altro tesoro: una pietra circolare, incisa, risalente a migliaia di anni fa; di primo acchito, uno potrebbe chiedersi “E allora?” ma si tratta di un ritrovamento incredibile: potrebbe infatti trattarsi della mappa celeste più antica mai scoperta.
Ed è stata scoperta proprio nella nostra regione, sul Carso triestino, dall’astronomo friulano Paolo Molaro dell’Inaf di Trieste e dall’archeologo triestino Federico Bernardini dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Tra gli scavi del castelliere di Rupinpiccolo, fortificazione risalente ad un’epoca compresa tra il 1800 a.C e il 400 a.C, i due studiosi hanno rinvenuto due pietre circolari, dei dischi del diametro di circa 50 centimetri e uno spessore di 30: una di esse non riporta incisioni, ed è stato ipotizzato che possa rappresentare il Sole, mentre l’altra potrebbe essere appunto una mappa del cielo, la più antica mai scoperta.
A suggerire questa interessante ipotesi sono stati proprio Molaro e Bernardini, in un articolo uscito su Astronomische Nachrichten, la più antica rivista di astronomia ancora attiva (qui il link alla pubblicazione https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asna.20220108). I due infatti si sono accorti che le incisioni riproducono in maniera abbastanza fedele la posizione delle stelle.
“Circa due anni fa sono stato contattato da Federico Bernardini, che non conoscevo, dicendomi che aveva bisogno di un astronomo – ha raccontato Molaro a Media Inaf, il Notiziario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica -, perché gli sembrava di aver identificato la costellazione dello Scorpione in una pietra del Carso. La mia prima reazione è stata di incredulità, dato che la parte meridionale dello Scorpione è appena sopra l’orizzonte alle nostre latitudini. Ma poi, scoprendo che la precessione degli equinozi lo alzava di circa 10-12 gradi e l’impressionante coincidenza con la costellazione, ho cominciato ad approfondire la questione… Così ho identificato Orione, le Pleiadi e, nel retro, Cassiopeia. Tutti i punti presenti tranne uno”.
I due studiosi hanno individuato in tutto 29 segni (24 da un lato e 5 dall’altro), distribuiti in modo irregolare ma che sembrano realizzati tutti dalla stessa mano con martello e rudimentale scalpello (e quindi non frutto dell’opera della natura). E risalirebbero ad almeno 2400 anni fa, quando la posizione delle stelle dello Scorpione era come quella incisa su pietra: in particolare, grazie al programma Stellarium che simula la volta celeste di epoche passate, Molaro ha scoperto, come riporta Media Inaf, che nel 1800 a.C. (così come nel 400 a.C) dal Castelliere era visibile la stella Sargas oggi troppo bassa all’orizzonte.
Di quei segni, 28 sono stati identificati, uno no. L’affascinante ipotesi suggerita dagli studiosi è che si potesse trattare di una supernova o comunque di uno di quegli oggetti celesti che fanno la loro comparsa per poi scomparire nuovamente. E, al loro posto, oggi potrebbe dunque esserci un buco nero.
La scoperta, ovviamente, apre a nuove domande e a nuove suggestioni, compresa la questione se questa sia effettivamente la mappa celeste più antica, dato che precederebbe di qualche secolo quelle che ad oggi sono ritenute le più vecchie (quelle risalenti al 1° secolo a.C). Di sicuro, dimostrano una volta in più che l’uomo ha sempre guardato in su, affascinato dal cielo.