Carola pulisce le coste da 200 giorni.
Il primo caffè italiano che ha bevuto, dopo 200 giorni di viaggio in favore dell’ambiente, lo ha preso in un piccolo bar del Friuli Venezia Giulia, al confine con la Slovenia. È Carola, un’insegnate di italiano delle superiori, 32 anni, sarda, che 7 mesi fa si è presa un anno sabbatico ed è partita con la sua macchina e la sua cognolina Polly a giro per l’Europa. Tutto a sue spese e facendosi ospitare tramite il couchsurfing, cioè da chi gli offriva un letto, un divano o un qualunque posto dove dormire. Il suo scopo è quello di pulire spiagge, fiumi e boschi da tutti i rifiuti -tanti- non biodegradabili che trova abbandonati. Poi posta tutto sui social, sul suo profilo @ecoprof.travel di Instagram, per mostrare a chi la segue come i nostri mari, fiumi e spiagge siano sporchi.
I rifiuti sulla costa.
“Ritrovarsi a parlare la propria lingua e fare quattro chiacchere con le due signore deliziose del bar è stato un regalo enorme che mi sono concessa dopo tutti questi mesi di fatica”, racconta Carola. Poi ha preso la sua macchina ed è scesa sulla scogliera di Muggia. È tornata a fare quello che fa a sue spese da settembre: raccogliere i rifiuti buttati dall’uomo. È arrivata a quota 3 tonnellate, passando da Grecia, Turchia, e Balcani e altri 8 Paesi.
“Ho trovato i comuni del Friuli Venezia Giulia abbastanza puliti rispetto a quello che ho visto sulle coste del Mediterraneo, durante questi mesi – continua -. Questo non vuol dire che siano lindi. Anzi, se devo essere onesta ho trovato più pulite le zone della Slovenia, anche se di poco. In appena due giorni trascorsi a Muggia, ad esempio, ho raccolto 1 chili e mezzo di rifiuti dalla costa. Ovviamente era quasi tutta plastica, come sempre d’altronde”. Bottiglie, reti da pesca, polistirolo. Un chilo e mezzo può sembrare poca cosa, ma se i rifiuti sono di plastica significa che per raccoglierne una quantità simile occorre riempire interi sacchi.
“Quello che sono riuscita a recuperare l’ho portato alle isole ecologiche, come faccio sempre. Molto materiale, però, sono stata costretta a lasciarlo lì, perché era incastrato tra gli scogli”, racconta scoraggiata la giovane insegnante. “Non ce l’ho fatta a tirare fuori la grande quantità di plastica che ho scovato tra le insenature, ma il mare è molto più forte di me e prima o poi ci riuscirà”, conclude. Poi per il resto sappiamo come andrà a finire. La plastica nel mar Adriatico si disintegrerà, trasformandosi in una costellazione di microplastiche che mangeranno i pesci. Gli stessi che peschiamo e poi mangiamo.