Marco Paolini in scena con Filo Filò
L’affabulatore bellunese continua lo studio del rapporto tra uomo e tecnologia
Abbandonati i panni di Ulisse con cui è andato in scena a Monfalcone pochi giorni fa, Marco Paolini ritorna nel Circuito ERT nelle vesti di affabulatore per due repliche di Filo Filò. Lo spettacolo andrà in scena mercoledì 26 febbraio alle 20.45 a TeatrOrsaria di Premariacco, dove ha già fatto segnare il tutto esaurito in prevendita, e giovedì 27 febbraio al Teatro Sociale di Gemona, alle ore 21.
Filo Filò – la cui colonna sonora è stata scritta, diretta e interpretata da Maria Roveran – si inserisce in un ciclo di spettacoli di Marco Paolini che hanno per focus la tecnologia e la sua pervasività nelle nostre vite. Dopo Le avventure di Numero Primo (una storia fantastica, fondata su ipotesi plausibili, che narrava l’impatto con l’ignoto), #Antropocene (un oratorio per voci, violoncello solista e orchestra) e Tecno Filò (storie e ragionamenti che tentavano di definire questo nostro tempo crisalide riflettendo sull’esito delle mutazioni culturali e tecnologiche in corso), è la volta della storia di Filo, il protagonista, che vorrebbe condividere con i propri avi il peso delle scelte future, sospeso tra la dipendenza dalla rete con cui sembra ormai corpo unico e di cui subisce il fascino, e la sua umanità fragile e terrena.
Lo spettacolo è diviso in due tempi: un primo e un “terzo tempo”. Il primo tempo racconta il filo che ci lega al passato e che probabilmente continuerà dopo di noi, si sviluppa come una storia che ne contiene altre, le evoca ma le lascia in sospeso per il terzo tempo, dopo l’intervallo, durante il quale non si fa più teatro, si fa filò, una forma più magra di racconto dialogante. Filò nel Veneto era, sono le parole di Andrea Zanzotto, “una veglia contadina nelle stalle durante l’inverno ma anche un interminabile discorso che serve a far passare del tempo… e niente altro”.
Il Filò, il “terzo tempo”, cambia ogni sera e ha una durata variabile, perché dipende dal dialogo con il pubblico, dalla passione e, perché no, anche dalla stanchezza.