Tiene il terziario del Fvg, ma inflazione e caro bollette colpiscono duro

La situazione del settore terziario in Friuli Venezia Giulia.

Tiene l’occupazione rispetto al periodo pandemico, ma l’incertezza economica, i rincari e la mancanza di manodopera rallentano la ripresa delle imprese del terziario in Friuli-Venezia Giulia. Mentre un consumatore su quattro non farà regali di Natale. È la sintesi di quanto presentato nella sede della Confcommercio Udine nel corso di un incontro promosso dall’Ente Bilaterale del Terziario del Fvg. Sul tavolo le indagini sul mondo del lavoro di Format Research e Ires Fvg: dai dati sull’occupazione ai profili ricercati, dai fabbisogni formativi alle misure anti-rincari. A intervenire il presidente dell’Ebiter Mauro Agricola, il direttore scientifico di Format Research Pierluigi Ascani e il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo.

Una ripresa nella prima parte dell’anno.

In Friuli-Venezia Giulia nel primo semestre del 2022 il numero di occupati nel terziario è stato pari in media a 350.000, in aumento di quasi 18.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+5,4%). Quello dei servizi era stato il comparto maggiormente penalizzato dalla pandemia; nell’ultimo anno si registra invece una notevole ripresa, in particolare nel turismo (+7,2%).

In calo il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Nei primi dieci mesi del 2022, a riprova di quanto affermato, il numero di ore di cassa integrazione guadagni è diminuito del 94% su base annua. Anche le ore autorizzate nell’ambito dei Fondi di Solidarietà (nei comparti dove non trova applicazione la normativa in materia di integrazione salariale) si sono quasi azzerate (gennaio-ottobre 2022, -91%).

La crisi energetica ha colpito duro il commercio.

Nello scorso decennio il commercio aveva già evidenziato una notevole contrazione della base produttiva (le imprese attive in Fvg sono diminuite del 15% tra 2009 e 2021). Il terzo trimestre 2022 mostra un’accelerazione di questa tendenza ormai consolidata, in quanto il numero di operatori nel commercio è diminuito di oltre 400 unità rispetto al periodo precedente (-2,3%).

L’occupazione.

Pur se in leggero calo rispetto ad aprile, l’occupazione del settore terziario del Friuli Venezia Giulia tiene e nel secondo e terzo trimestre dell’anno fa registrare un indicatore congiunturale pari a 51. Negli ultimi sei mesi le interruzioni dei rapporti di lavori hanno riguardato in prevalenza gli addetti a tempo determinato (36%). Mentre, nei prossimi sei mesi, i nuovi addetti saranno inquadrati per il 56% con «contratti a tempo determinato» e per il 33% con «contratti a tempo indeterminato».

I rincari pesano sulle famiglie.

Peggiorano le condizioni economiche delle famiglie, l’indicatore congiunturale si attesta a 33, perdendo sei punti su base annua. A pesare sulle loro tasche nell’ultimo semestre sono stati in prevalenza: il ‘caro bollette’ (88,7%), l’inflazione su beni e servizi (75,8%) e le spese legate alla casa (39,8%). Tra coloro che hanno visto peggiorare la propria situazione economica a causa del caro bolletta, l’aumento medio percepito è stato quasi dell’80% rispetto al semestre precedente. Il 70% di coloro che hanno visto peggiorare la propria situazione economica a causa del caro bolletta teme di faticare a sostenere i costi, oltre uno su quattro teme addirittura di non riuscirvi affatto.

Quasi la metà delle famiglie nel prossimo semestre si troveranno a dover ridurre la propria spesa al consumo. Infine, il 25,6% dei lavoratori del terziario impiegati a tempo indeterminato teme di perdere il proprio posto di lavoro nei prossimi mesi, l’89,7% di questi si aspetterebbe di incontrare difficoltà nel trovare un nuovo posto di lavoro.

Inflazione e aumento dei prezzi.

Otto imprese su dieci saranno costrette ad affrontare difficoltà legate all’abnorme incremento dei costi delle materie prime energetiche per restare attive. Le imprese del terziario della regione Fvg per tamponare l’aumento dei costi saranno costrette ad adottare politiche per una significativa riduzione dei consumi energetici e ad aumentare i prezzi. Comunque, il 62,2% delle imprese ritiene del tutto insufficienti le misure prospettate per ridurre l’impatto economico del caro energia (spegnere le insegne luminose, regolare la temperatura ambientale dell’attività nell’ottica di contenere i consumi, etc.).