Il caro bollette nelle scuole del Friuli Venezia Giulia.
Riaprono le scuole e gli asili, dai nidi alle materne, ma in Friuli Venezia Giulia nel settore si fanno i conti con gli aumenti dei costi energetici.
“Serpeggia una certa preoccupazione fra le cooperative impegnate nei servizi all’infanzia, specialmente in vista dei mesi invernali, quando i costi del riscaldamento si faranno sentire e peseranno i rincari, dopo che già lo scorso inverno le bollette energetiche erano state significativamente superiori agli anni normali“, conferma Luca Fontana, presidente regionale di Confcooperative Federsolidarietà (154 cooperative sociali aderenti, una trentina quelle operanti nel settore educativo).
Dopo la “pausa” estiva, con il rientro in classe degli studenti e la riapertura dei nidi (quasi mille i bambini nei nidi gestiti dalle cooperative sociali aderenti a Federsolidarietà in Fvg) le cooperative fanno i conti con costi di gestione letteralmente esplosi. Si parla di incrementi dal 119 al 127% per il riscaldamento a Trieste. Dal +99 al +189 per cento in provincia di Udine. Più variegato il dato sul costo dell’energia elettrica, si parla di aumenti dal +52 al +110 per cento.
“Gli aumenti della bolletta energetica stanno comportando, in media, un raddoppio dei costi per questa voce di spesa. A questi, si aggiungono i notevoli aumenti dei costi dei servizi di cucina, dove anche le materie prime, che devono rispettare specifici standard qualitativi, sono aumentate di 30-40 per cento rispetto al 2021“, sottolinea Fontana.
Gli aumenti si sono già fatti sentire nell’anno scolastico 2021/2022: per fare qualche esempio, in un nido della provincia di Udine con una cinquantina di bambini, i costi del riscaldamento sono cresciuti, già nei primi sette mesi del 2022, di un +158 per cento rispetto al 2021. Ci sono poi i costi delle cucine: qui ai costi energetici si somma l’aumento delle materie prime, nell’ordine di un +30/40 per cento, e che può incidere per alcune migliaia di euro sui conti anche di un piccolo nido.
“È possibile – conclude preoccupato Fontana – che anche le risorse stanziate con il decreto ter per sostenere le strutture socioassistenziali possano non essere sufficienti o lasciare scoperti alcuni settori”.