Il caso del prestito del Decreto Liquidità.
Sono andati in banca con tutta la fiducia che avevano. Già, perché quella misura è contemplata nel Decreto Liquidità e, dunque, non si aspettavano davvero alcun intoppo. Speranze deluse, però: sono tornati a casa senza cavare un ragno dal buco. E il prestito fino a 25.000 euro (poi portato a 30mila), coperto al 100% dal Fondo di Garanzia statale, è rimasto un’illusione.
Facile immaginare l’amaro in bocca di alcuni imprenditori del Friuli, titolari di piccole attività messe a dura prova dai mesi di lockdown. Loro, su quell’aiuto, ci contavano per ripartire e ingranare la “fase due” senza il patema di carenza di liquidità o con l’assillo di dover pagare fornitori e bollette. E invece, ecco il due di picche delle banche: ottenere i 30.000 euro è più complicato di quanto sembri. E poco conta che di mezzo ci sia il “placet” statale.
“È una difficoltà che conosciamo, ci sono arrivate alcune segnalazioni – analizza Carlo Dall’Ava, presidente provinciale di Udine di Confcommercio Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi -. Si tratta di un caso risaputo: se il Governo non toglierà responsabilità di analisi alle banche la problematica si ripeterà”.
Dall’Ava indica la strada maestra a chi ha bisogno di un sostegno per ripartire: “Consiglio di rivolgersi ai Confidi per ottenere il contributo in modo alternativo”. Intanto, secondo l’imprenditore, sarà necessario sbloccare anche altri fronti, come quello sulla cassa integrazione che stenta ad arrivare: “Se non si mette denaro in tasca alla gente, i consumi non potranno ripartire”. Tornando al problema del prestito da 30.000 euro, il presidente Fipe lancia un appello “non agli istituti di credito, ma al Governo”. “È necessario deresponsabilizzare presidenti e direttori delle banche. Lo Stato garantisce il prestito, ma se poi l’azienda fallisce si rivale sulla banca. È ovvio che così le cose non funzionino”, afferma.
Anche Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato Imprese Fvg, “assolve” gli istituti di credito. “Il problema – sottolinea – è che il Decreto Liquidità pone determinate condizioni. Chi, per esempio, ha avuto problemi perché ha pagato in ritardo una rata, magari anche di soli tre giorni, viene tagliato fuori dal bonus. Le banche si comportano come in condizioni di “normalità”, verificando che ci siano tutti i requisiti per chiedere il denaro. Se un imprenditore ha il merito di credito, i soldi arrivano velocemente. Altrimenti funziona come in situazioni usuali. E quello che doveva diventare un canale straordinario segue invece le prassi abituali”.
La seconda stesura del Decreto Liquidità dovrebbe correggere questi paletti, allentando i vincoli. “La banche preferiscono non rischiare. È più grande il problema delle responsabilità civili e penali che non quello legato alle garanzie – aggiunge il presidente di Confartigianato -. Le segnalazioni, comunque, sono arrivate anche a noi. In difficoltà ci sono le piccole imprese, quelle partite da poco e che non hanno avuto tempo di strutturarsi negli anni. Non hanno potuto ancora costruire la loro affidabilità bancaria”.
Pur con tutte le giustificazioni del caso, Tilatti si appella alle banche. “Chiedo loro la massima collaborazione per cercare di dare una mano nei limiti del possibile e attrezzarsi per rispondere all’impossibile. Il futuro del Paese – conclude – dipende da quello delle piccole e medie imprese”.