Occupazione, saldo tra assunzioni e licenziamenti a Udine rallenta ma resta positivo

La fotografia della Camera di commercio di Udine.

“Il saldo tra assunti e cessati resta positivo, pur in rallentamento rispetto agli anni precedenti. Sulla flessione nelle assunzioni e nel saldo con le cessazioni pesa la dinamica dell’andamento economico generale e del settore industriale in particolare, dove l’indice della produzione è destinato a chiudere con una variazione media annua negativa, il primo arretramento dal 2013. D’altronde quest’anno, e ancor di più negli ultimi mesi, si è osservato un ritorno all’utilizzo della cassa integrazione guadagni, segno ulteriore delle difficoltà di alcune nostre imprese”.

E’ questo il commento della presidente di Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli ai dati sull’andamento dell’occupazione in provincia di Udine relativi ai primi nove mesi del 2019.

Secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati dell’Osservatorio del lavoro della Regione, nel periodo gennaio-settembre di quest’anno le assunzioni hanno riguardato 74.890 rapporti di lavoro, -3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (quando si sono contate in 77.363 unità).

Le cessazioni sono state pari a 69.414 unità, con un saldo di positivo di 5.476, inferiore però a quello registrato nei primi nove mesi del 2018, 6.429, e del 2017, 9.011.

La maggior parte delle assunzioni, 31.534, pari al 42,1% del totale, ha interessato il terziario, in diminuzione del 3,6% rispetto all’anno precedente. Seguono il comparto Alberghi e ristoranti (19,7% del totale, con un calo del -1,8%) e il manifatturiero che, con 11.065 assunzioni, il 14,8% del totale, ha registrato una calo del 13,7%. In controtendenza le costruzioni con 3.693 assunzioni, il 4,9% del totale, che segnano invece un incremento del 21,4%.

Nel complesso dei settori economici, la tipologia contrattuale prevalente, sempre nel periodo gennaio-settembre 2019, è rappresentata dal rapporto a tempo determinato, che ha interessato 38.039 assunzioni pari al 50,8% del totale. Seguono il rapporto a tempo indeterminato con 12.739 assunzioni, il 17% del totale, il lavoro in somministrazione, 11.296 assunzioni corrispondenti ad una quota del 15,1% e il lavoro intermittente (7,3% per 5.490 assunzioni).

Nel manifatturiero la tipologia contrattuale maggiormente utilizzata è il lavoro in somministrazione, 4.225 assunzioni pari al 38,2% del totale, seguita dal lavoro a tempo determinato, 3.449 assunzioni per una quota del 31,2%, e da quello a tempo indeterminato, 2.029 assunzioni per una quota del 18,3%.

“Come previsto – afferma Anna Mareschi Danieli – l’economia è ferma e i dati sul lavoro riflettono ovviamente questo stato di cose. L’Italia, in un contesto internazionale che resta complessivamente complicato, non si muove. E’ bloccata, non cresce o cresce pochissimo da almeno vent’anni. Però non cambia”.

“Siamo preoccupati da un lato e arrabbiati dall’altro – prosegue la presidente -, perché non si percepisce un’inversione di rotta. Non c’è traccia di politiche industriali efficaci e non abbiamo la sensazione che la produzione e il lavoro, i soli due fattori in grado di creare valore e dare una prospettiva di crescita al Paese, siano al centro di una strategia di medio-lungo termine. Al contrario, complice una cultura anti impresa che purtroppo è diffusa, sembra quasi che si faccia di tutto per complicare la vita a chi ancora investe. Così non si va da nessuna parte. Non si pensa al futuro, non c’è coraggio, non c’è senso di responsabilità, non c’è una visione”.

“Sul fronte dell’occupazione – conclude Anna Mareschi Danieli – oltre alle difficoltà descritte, c’è anche un altro paradosso col quale siamo costretti a fare i conti. Si parla molto e giustamente del lavoro che manca, poco di quello che c’è, ma non trova figure professionali adeguate a ricoprirlo. Il disallineamento tra i profili formati dalla scuola e quelli richiesti dalle nostre imprese è enorme, mentre siamo alle prese con la necessità di riqualificare anche il personale già impiegato a causa delle trasformazioni indotte dalla trasformazione digitale. Quello della scuola e del suo carente collegamento con l’impresa è un altro enorme gap, un’autentica emergenza nazionale alla quale dovremmo porre subito rimedio. Anche in questo caso, però, ci pare che questo sentimento dell’urgenza sia solo nostro, non certo della politica”.