Il futuro del governo preoccupa gli attori economici del Fvg.
In attesa di conoscere l’esito del voto di fiducia sul Governo previsto in serata al Senato, il mondo economico dell’intero Nord Est guarda con attenzione quanto sta accadendo a palazzo Madama. Il sentimento generale degli imprenditori friulani, sia per quelli “in patria”, sia per quelli che lavorano nel Nord Italia, è infatti di preoccupazione.
Ecco cosa ne pensano molti di loro.
Cristian Paravano, udinese, direttore generale del Gruppo Gatto di Domegge di Belluno, evoca l’acronimo Vuca, Volatility, uncertainty, complexity and ambiguity, per sintetizzare il contesto in cui la crisi di Governo è piombata. “Volatilità, incertezza, complessità, ambiguità impongono nelle organizzazioni aziendali un di più di responsabilizzazione che sembra essere vanificata dal fatto che sul fronte istituzionale non vi è una capacità di governo”. Una crisi che inevitabilmente “costa” all’economia. Sul breve termine, anche se la Borsa non ha reagito negativamente, “alimenta l’incertezza che sta inducendo le imprese a fare progetti a sempre più breve gittata – prosegue Paravano –, perché non c’è alcun punto di ancoraggio. Dai piani pluriennali si è arrivati a prospettive di un mese, se non di settimane”. A più lungo termine, “c’è un danno a livello reputazionale sulle piazze internazionali e molti dei dossier strategici per il traino del Pil nei prossimi anni, dal Recovery Fund all’Ilva, ad Autostrade, solo per citarne alcuni, rischiano ritardi importanti”.
Preoccupato anche Fabio Massaro, tolmezzino, amministratore delegato di Italbedis di Verona, azienda con corebusiness nella lavorazione dell’acqua. “Questa crisi – afferma – costa senz’altro a un mondo dell’economia che è fermo. Sto pensando, per esempio, al mondo dell’Horeca, di fatto scomparso. Questa situazione di stallo non ci voleva proprio. E soprattutto – aggiunge – , perché gli strumenti per affrontare la difficilissima situazione il Governo li ha messi in campo, ci sono, ma non sempre la filiera necessaria alla loro applicazione è sana. Una crisi come questa peggiora la possibilità di controllo”. Massaro ha chiaro un esempio, ovvero “il comportamento delle banche rispetto all’accesso al credito delle aziende. A fronte di garanzie statali che, attraverso il Mediocredito centrale, possono arrivare al 100%, gli istituti di credito potrebbero fare molto di più. Invece, spesso commisurano l’erogato sulla base del fatturato aziendale in tempi di Covid, vanificando per l’utente finale il beneficio che dovrebbe derivare dalle garanzie assicurate dal governo. Occorre una vigilanza maggiore, che una crisi politica non facilita”.
Si cambia settore, ma l’occhio critico resta. Michele Lanich, presidente della friulana Lavorazione Legnami di Tolmezzo, guarda all’andamento borsistico che non ha risentito della crisi politica italiana, ma ciò non è sufficiente a renderlo tranquillo. “A fronte dell’accresciuto clima di incertezza, avremmo bisogno di un governo di tecnici competenti con un obiettivo su tutti: preparare la ripartenza. L’emergenza, infatti, può essere gestita anche in forma commissariale, ma le scelte pro futuro hanno bisogno di una guida di qualità e con visione”. Lanich sarebbe favorevole ad una presidenza del Consiglio affidata all’ex governatore della Bce Mario Draghi, sempre che “fosse messo nelle condizioni di potersi creare un proprio team per affrontare la complessità della situazione”.
Roberto Siagri, Ad di Eurotech di Amaro pensa che si stia vivendo un periodo “molto delicato da un punto di vista economico. L’intero pianeta è coinvolto in questa pandemia. In questo momento serve grandissima responsabilità anche politica, c’è da presentare un recovery plan all’Europa credibile e che sia in grado di rilanciare il Paese e che permetta di operare una vera trasformazione digitale dell’economia. Siamo ancora fanalino di coda in Europa sui temi del digitale e il piano che finora si è visto indirizza in maniera blanda questi temi. Non possiamo mancare questo obiettivo, non lo possiamo né per noi ne per il futuro dei nostri giovani. Non si tratta infatti di guidare un Paese, in una situazione contingente normale, ma assolutamente eccezionale. Detto ciò, non mi preoccupa una crisi di Governo se serve a far emergere le criticità e portarci sulla retta via. Meglio una crisi costruttiva che una stabilità che ci porta fuori rotta. L’etimologia della parola crisi in fin dei conti e decidere di fronte ad un pericolo. Ecco questo è il momento delle improcrastinabili decisioni”.