CEA – Cooperativa Edile Appennino completerà la diga di Pietrarossa, nei comuni di Aidone e Mineo, tra le province di Catania ed Enna. La regina delle “grandi incompiute” siciliane, una volta operativa, garantirà l’acqua a oltre 17.000 ettari di coltivazioni nella piana di Catania. L’opera, avviata nel 1989 e interrotta nel 1997, sarà terminata grazie ai fondi del PNRR da un’associazione temporanea di imprese guidata dalla cooperativa con sede a Pasian di Prato. 82,2 milioni il valore dell’intervento con un obiettivo chiaro: piena operatività dell’invaso entro un quadriennio.
“Siamo orgogliosi di guidare questa impresa che vede al nostro fianco realtà importanti come il Gruppo Vittadello di Padova e la siciliana Cosedil – commenta Fabrizio Salomoni, direttore generale di CEA -: dopo decenni di immobilità, un territorio cruciale per l’agricoltura siciliana e nazionale come la Piana di Catania potrà contare su un bacino capace di garantire l’acqua durante tutto l’anno. Si tratta di un intervento fondamentale per uno dei territori più fertili del Paese ma che ha profondamente bisogno di opere idriche adeguate. La diga di Pietrarossa è una ferita aperta per la Sicilia e per il Paese: dopo la posa della prima pietra nel 1989 i lavori si sono interrotti pochi anni dopo, nel 1997 quando la diga era quasi completa, per non ripartire più. Il passare del tempo ha richiesto un tributo pesante alle strutture e oggi servono interventi di ripristino importanti che, insieme ai nostri partner con cui abbiamo costituito un’Associazione Temporanea di Imprese, intendiamo realizzare nell’arco di un quadriennio”.
L’intervento è finanziato per un importo complessivo di 82,2 milioni di euro,di cui una parte a valere su risorse della Missione 2 del PNRR, Componente 4, Investimento 4.1 “Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico”. “Nel 1997 la diga di Pietrarossa era completa al 95% – spiega Enrico Tita, Responsabile settore dighe CEA – ma il tempo, l’abbandono e alcuni atti vandalici hanno imposto un pesante tributo e reso necessari interventi importanti: oltre alle opere rimaste incompiute, dovremo intervenire per l’adeguamento sismico di tutto il corpo della diga, realizzare le necessarie opere di scarico e andranno ammodernate e rese operative tutte le opere elettromeccaniche. In più, visti i 25 anni trascorsi, dovremo apportare i necessari adeguamenti a favore della durabilità delle opere e della sicurezza degli operatori e stabilizzare una frana che, nel tempo, si è mossa verso la diga. Interventi diversi che richiedono tanto competenze specifiche, da qui l’idea di costituire una ATI con un player del territorio come Cosedil e con un’impresa storica come il Gruppo Vittadello, due realtà che completano le nostre competenze già dimostrate in diversi impianti in Italia ed Europa”.
A lavori completati, la diga di Pietrarossa segnerà un decisivo passo in avanti per il sistema degli invasi siciliani: “Oggi vengono irrigati meno di 6.000 ettari della Piana di Catania – prosegue Tita -. Quando l’opera sarà completamente in funzione si supereranno i 17.000 ettari e il territorio potrà contare su oltre 45 milioni di metri cubi in più di acqua stoccata per i momenti di bisogno. Un passo avanti importante, senza contare l’impatto positivo su famiglie e imprese”.
“È una sfida contro il tempo ma siamo ottimisti – conclude Salomoni –. Purtroppo nel Paese sono diverse le grandi opere idriche con una storia simile a quella della diga di Pietrarossa: grandi e piccole “incompiute” su cui sono stati investiti capitali anche ingenti. Su molte di esse si potrebbe e si dovrebbe intervenire per evitare che lo scorrere del tempo le deteriori irrimediabilmente. In molti casi, agire tempestivamente permetterebbe un pieno recupero con un impegno economico contenuto, diversamente da quanto è accaduto a Pietrarossa. La nostra esperienza e competenza è a disposizione delle Istituzioni locali e regionali: un Paese come l’Italia, dove l’agroalimentare riveste un ruolo cruciale, deve sapere di poter contare su opere idriche adeguate a gestire gli effetti di un clima in mutamento, dove siccità prolungate e grandi precipitazioni concentrate rendono dighe e bacini una necessità impellente”.