La crisi dei consumi in Friuli.
Il coronavirus ha mandato in crisi profonda anche il commercio. A testimoniarlo è l’Osservatorio permanente sull’andamento dei consumi nei settori ristorazione, abbigliamento e non food elaborato da Confimprese-Ey che certifica come anche in Friuli Venezia Giulia la pandemia abbia presentato un conto salato. Qui, però, la flessione è stata meno drammatica che altrove.
Nei primi 5 mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, l’andamento sul totale mercato segna un -46%. I trend per aree geografiche mostrano andamenti simili tra loro con il Nord-Ovest in flessione del 47%, Nord-est e Centro del 46%, il Sud del 44%. Nel ranking dei risultati peggiori nei primi cinque mesi del 2020 il primo posto va alla Toscana, che registra la flessione pari a -48,8%, seguita da Lombardia (-48,3%) e Veneto (-47,6%). Il Friuli Venezia Giulia tutto sommato si difende bene e si piazza al sesto posto tra le regioni italiane meno impattate dal coronavirus, con una flessione da gennaio a maggio pari a –42,9%. Udine è l’area più colpita, con un decremento pari a -51%.
Il settore commerciale aveva già un trend in decrescita nei mesi precedenti il lockdown. Dall’indagine, emerge che già il semestre luglio-dicembre 2019 chiudeva l’anno a -4,4%, influenzato da un novembre nero (-10%). Partenza in salita anche per i primi due mesi 2020 con -0,6% a gennaio e -3,4% a febbraio, e definitivo crollo con l’inizio del lockdown (incluso l’online): -78% marzo, -90% aprile, -57% maggio. Analizzando il totale dei primi 5 mesi 2020 sul canale fisico si evidenzia una flessione del -46% sullo stesso periodo del 2019.
L’abbigliamento è il settore che ha sofferto di più con un andamento del -49%, seguito dalla ristorazione -45%, da altro non food -40%, settore questo che mostra trend migliori grazie all’apertura anticipata di alcune merceologie rispetto ad altre tipologie e alla spinta dell’online. Il campione dei negozi e-commerce ha registrato un incremento del 136% a maggio e 110% complessivamente nei primi 5 mesi dell’anno di cui +171% nel bimestre aprile-maggio. Nei canali di vendita il risultato peggiore arriva dal travel, in flessione del -54%, seguito dai centri commerciali con -50%, dagli outlet con -48%, mentre le high street e i centri città mostrano una tenuta migliore sia pure in calo del -45,3 per cento.
“Dalle prime risultanze post lockdown – spiega Mario Maiocchi, consigliere delegato Confimprese – si evidenzia un’accelerata propensione verso i canali digitali, che impone forti riflessioni da parte degli operatori per affrontare finalmente con la dovuta attenzione e urgenza la trasformazione digitale e l’omnicanalità. Da rilevare, inoltre, una rinnovata attenzione allo shopping di prossimità e un’inversione di tendenza a favore dei giorni infrasettimanali rispetto ai fine settimana. Tutti fenomeni in continua evoluzione da osservare attentamente e con conseguente adeguamento delle politiche commerciali”.
“I centri commerciali e gli outlet sono quelli che hanno sofferto di più rispetto ai punti vendita delle città in quanto hanno subito la totale chiusura delle loro attività – commenta Paolo Lobetti Bodoni, business consulting leader Italy EY-. Il calo è dovuto alla mancanza dei cittadini stranieri e alla mancanza del flusso dei lavoratori negli uffici delle principali città, complice anche la diffusione dello smart-working. Sperando in un celere ritorno dei turisti nei nostri centri principali, vi è da chiedersi come invece il modello di lavoro in ufficio e da remoto cambierà le abitudini dei consumi nei centri cittadini”.