Sale l’inflazione in Fvg.
Aumentano ancora i prezzi in Fvg, dove, secondo le prime stime, l’inflazione avrebbe già toccato il 7%. A trainare i rincari è soprattutto il settore energetico, con le bollette e i carburanti, ma anche i costi delle materie prime che si ripercuotono sul prezzo finale.
A subire maggiormente l’effetto dei rincari le famiglie più numerose e i pensionati. Proprio per questo lo Spi Cgil del Friuli Venezia Giulia con un appello per diminuire o quantomeno congelare le addizionali locali sull’Irpef, per tutelare le fasce a reddito basso e medio basso dall’impennata dell’inflazione e in particolare dal caro energia.
“L’inflazione che a febbraio, in regione, superava già i 6 punti percentuali e che con i dati di fine marzo, afferma il segretario regionale Roberto Treu, schizzerà sicuramente sopra il 7%. Il dato nazionale è passato dal 5,7% di febbraio al 6,7% di marzo, e in Fvg l’inflazione è più alta, con province come Trieste che si attestano sui valori medi più alti in Italia”.
Da qui l’allarme del sindacato pensionati, che ricorda come il tasso provvisorio di rivalutazione delle pensioni, nel 2022, sia soltanto dell’1,7%. “Il differenziale è già di 5 punti – dichiara ancora il segretario dello Spi – e servono misure di sostegno subito, in particolare a sostegno dei redditi bassi e medio bassi. Se la spesa media di una famiglia per luce e gas, nel 2021, si attestava in regione attorno ai 1.500 euro, un aumento del 70% come quello già rilevato dall’Istat anno su anno significa, solo sulle utenze, un aggravio di spesa di mille euro l’anno, e per di più fortemente concentrato nei mesi invernali. Aggravi che vanno affrontati e combattuti anche con l’adozione di opportuni correttivi da parte delle utility, controllate dagli enti locali, che in questa fase straordinaria devono essere chiamate a destinare parte dei propri cospicui utili per una politica di riduzione dei costi».
La rimodulazione dell’Irpef in seguito alla riforma approvata dal Governo non porterà significativi benefici ai pensionati. “In Friuli Venezia Giulia – spiega il segretario dello Spi – la metà delle pensioni si colloca sotto i 18mila euro mensili e i risparmi fiscali assicurati dalla modifica di aliquote e detrazioni non superano i 200 euro, nel migliore dei casi, e per la maggior parte dei pensionati a reddito basso e medio basso si tratta di poche decine di euro. Servono nuove e urgenti misure, anche a livello locale, a sostegno del potere di acquisto delle famiglie a reddito fisso, perché questa nuova crisi, dopo due anni di pandemia, rischia di determinare una forte crescita del disagio, associata a un nuovo crollo dei consumi che avrebbe gravi ripercussioni a catena anche sulla ripresa”.
Da qui la proposta che lo Spi lancia a Regione ed enti locali: “Scaduto il termine per un azzeramento dell’addizionale dello 0,7% sui redditi fino a 15mila euro, misura che la Regione avrebbe potuto adottare entro il 31 marzo con un costo sicuramente sostenibile di circa 15 milioni di euro, e per una sua opportuna rimodulazione sulle fasce più alte, sulle quali viene applicata attualmente un’aliquota unica dell’1,23%, si può pensare all’istituzione di un fondo a sostegno della riduzione delle addizionali dei Comuni, concentrata sui redditi più bassi. Gli enti locali, infatti, possono definire nuove aliquote anche oltre il termine del 31 marzo, nel caso in cui non abbiano già approvato i bilanci. È attraverso interventi di questo tipo, non a pioggia ma mirati sulle persone più in difficoltà, che si può contrastare il disagio e sostenere la coesione sociale di una comunità regionale fortemente provata prima dagli effetti della pandemia, ora da quelli della guerra in Ucraina”.
Tra le altre misure da approvare, Treu rivendica la necessità di ricostituire, “quantomeno a beneficio dei nuclei monoparentali con reddito fino a 10 mila euro”, il fondo sociale istituito nel 2017 per l’abbattimento degli affitti Ater.