La mobilitazione di piazza dei sindacati a Palmanova.
Poco per le pensioni, appena 600 milioni e una proposta come quota 102, giudicata irricevibile dai sindacati. Più risorse invece per ridurre la pressione fiscale, 8 miliardi nel 2022, ma con tante incognite legate alla ridefinizione delle aliquote e 1 miliardo dirottato sul contestato taglio dell’Irap. Questi, ma anche l’assenza di misure per contrastare la precarizzazione del lavoro, i motivi al centro della mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil per cambiare la manovra del Governo.
Mobilitazione che ha portato oltre 500 persone oggi in piazza Grande a Palmanova, sede della manifestazione regionale dei sindacati confederali. Sul palco, con i segretari regionali Villiam Pezzetta (Cgil), Alberto Monticco (Cisl) e Matteo Zorn (Uil), anche delegati in rappresentanza dei principali comparti e il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, che ha chiuso il comizio.
Non convince la riforma pensionistica.
Tra i temi della giornata anche un quadro sanitario che torna a farsi preoccupante, in particolare per il Fvg, che come noto da lunedì passerà in zona gialla e vedrà l’entrata in vigore anticipata di alcune delle misure previste con l’avvento del super Green pass. Uno strumento, questo, che continua a non convincere i sindacati, più favorevoli da sempre all’istituzione dell’obbligo vaccinale. Quanto alle grandi questioni al centro della mobilitazione, a deludere Cgil, Cisl e Uil è soprattutto l’assenza di misure incisive in materia di pensioni. L’ipotizzata quota 102, secondo le stime dei sindacati, riguarderà infatti una platea molto limitata, circa 8mila persone a livello nazionale e non più di 200 in regione, e le stesse modifiche all’Ape sociale, con l’allargamento della platea dei gravosi, riguarderanno una misura che fin qui ha avuto effetti marginali, con appena 68mila pensionamenti tra il 2017 e il 2020, di cui 1.400 in regione (quota 100, tra 2019 e 2020, ne ha visti oltre 300mila a livello nazionale e 8mila in Fvg).
Le voci dei sindacati.
“In corso c’è un’altra epidemia, che non viene affrontata in questa legge di bilancio. È quella del lavoro precario, di cui il Governo non si occupa: nulla per incentivare la stabilità del lavoro, nulla per combattere la piaga dei contratti poveri, nulla per cambiare rotta sulle pensioni del futuro, condannate a importi da povertà per il 60% dei giovani lavoratori di oggi”. Così il segretario regionale della Cgil, Villiam Pezzetta, critico anche per la carenza di misure per rendere più flessibile la Fornero e di risposte certe a sostegno del reddito di pensionati e dipendenti. Quanto alla ventilata riforma delle aliquote, è il confederale Roberto Ghiselli a motivare le perplessità della Cgil: “per i redditi bassi e medio-bassi – spiega – l’effetto delle nuove aliquote è minimo. Tutto dipenderà dalla ridefinizione delle detrazioni e da come verrà rimpiazzato il bonus di 100 euro, che sarà cancellato. Per quanto noto ora, il taglio sembra addirittura premiare i redditi medio-alti”.
Critico sul fisco anche il segretario regionale della Uil Matteo Zorn. “Quanto proposto dal Governo – dichiara – non ci convince e non ci basta. Chiediamo che venga aperto un tavolo con le parti sociali per portare avanti le richieste della piattaforma unitaria. Tutte le risorse devono essere destinate al taglio e alla riduzione delle tasse per lavoratori e pensionati, avviando una seria riforma fiscale per ridurre le disuguaglianze sociali e aumentare il reddito di lavoratori e pensionati, messi a dura prova dalla crisi sanitaria ed economica”.
Alberto Monticco, segretario della Cisl Fvg, invoca un “patto forte” tra Governo e parti sociali per il rilancio del Paese. “Abbiamo impegni pressanti – dichiara – e non procrastinabili, a partire dalla riforma delle pensioni, del fisco, degli ammortizzatori, delle politiche attive del lavoro. Serve un patto che permetta riforme strutturali, durature e inclusive, in grado di dare risposte ai ceti medi, che scontano pesantemente la pressione fiscale e a tutti quei lavoratori, a partire da chi svolge attività gravose, che hanno diritto ad andare in pensione senza mettere a rischio la propria incolumità“.