La ricerca del Centro studi ImpresaLavoro di Massimo Blasoni.
Negli ultimi 12 mesi solo il 36% dei cittadini italiani ha effettuato online l’acquisto di almeno un bene o servizio. Il nostro Paese si colloca così al quint’ultimo posto di questa particolare classifica europea, al pari della Grecia e appena sopra la Croazia (35%), Cipro (32%) la Bulgaria (21%) e la Romania (20%). Ai vertici della graduatoria 2018 si trovano invece i consumatori di Danimarca (84%), Regno Unito (83%), Paesi Bassi (80%), Svezia (78%) e Germania (77%). Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro di Massimo Blasoni, realizzata su elaborazione di dati Eurostat.
In Italia i consumatori digitali più attivi risultano essere i giovanissimi tra i 16 e i 24 anni (nell’ultimo anno il 51% ha acquistato online beni o servizi) e quelli di età compresa tra i 25 e i 34 anni (52%). Col progredire dell’età aumentano invece in proporzione la diffidenza e il digital divide, tanto che a comprare online sono il 22% dei cittadini di età tra i 55 e i 64 anni, il 10% dei cittadini di età tra i 65 e i 74 anni e soltanto il 2% degli over 75.
Analizzando le scelte di questi consumatori negli ultimi 3 mesi, si osserva poi come resti bassissima la frequenza degli acquisti (quasi sempre uno o due a testa, solo l’8% ne ha effettuati da 3 a 5) e comunque per importi che non superano quasi mai la soglia dei 500 euro.
Nell’ultimo anno i beni più acquistati online dagli italiani sono stati vestiti e articoli sportivi (16%), articoli casalinghi (13%), viaggi e alloggi per vacanze (10%), libri e abbonamenti a riviste (9%), attrezzatura elettronica (8%), biglietti per eventi (7%), software per il pc (4%), film e musica (4%), servizi di telecomunicazione quali banda larga, abbonamenti a canali televisivi e ricarica di carte telefoniche prepagate (4%), cibo e generi alimentari (4%). Curiosamente, solo il 2% ha deciso di affidarsi alla Rete per l’acquisto di hardware per computer.
“Questi dati fotografano un ritardo evidente dell’Italia nell’e-commerce, conseguenza anche del ritardo delle nostre infrastrutture informatiche – osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro -. Secondo l’indice DESI della Commissione Europea – che misura lo stato di avanzamento dei Paesi membri dell’UE nell’ambito della digitalizzazione dell’economia, del sistema pubblico e della società – l’Italia è 25esima su 28 Paesi. La banda larga non è ancora capillarmente diffusa ma a pesare sul basso punteggio italiano sono soprattutto le scarse competenze digitali. Infine, i limiti e la sostanziale inefficienza della nostra rete infrastrutturale si aggiungono come fattore di freno, per le nostre aziende, per quanto riguarda gli scambi commerciali con il resto del mondo”.