Una gran varietà di aneddoti e fatti si possono registrare circa le “voglie” delle donne incinte. È normale che la gestante abbia dei mutamenti nei suoi gusti alimentari e provi ripugnanze o desiderio per certi cibi.
Tutta colpa dei desideri inappagati.
Il popolo riteneva che questi desideri inappagati provocassero conseguenze sul nascituro: o le macchie, dette proprio “voglie” che erano forme cutanee vascolari o pigmentarie congenite, zone pelose, angiomi; oppure non provocavano “segni”, ma rifiuto di un determinato cibo da parte del nato.
Si riteneva da taluni che la voglia di latte portasse come conseguenza una fascia di capelli bianchi, ma le macchie erano per lo più brune o rossastre e ritenute voglie di caffè o di vino.
Come evitare le macchie.
Per non avere un bambino maglat, tocjat, era bene assaggiare di ogni cosa, accettare ciò che offrivano: in caso contrario, bisognava toccarsi solo nelle parti che restano sempre coperte: soprattutto salvare l’integrità della faccia, passandovi il rovescio del grembiule, il quale è simbolo stesso del grembo ed anche la sua difesa contro l’azione delle streghe e la donna incinta non ne stava mai senza.
Esistevano vari rimedi per liberarsi da queste macchie o voi, come dalle lentiggini: bastava guardare fissamente la luna per un’intera lunazione, facendo il gesto di pulirsi: alla lunazione successiva, le macchie erano scomparse; oppure lavarsi in acqua in cui si era lasciato macerare del prezzemolo o ungersi con olio in cui erano stati bolliti 7 ramarri, precedentemente esposti per 3 giorni al sole e affogati in quell’olio.