Tra il 1551 e il 1648, in Friuli sono stati trattati dal tribunale dell’inquisizione almeno 4.000 processi, una parte dei documenti relativa a tali fatti è raccolta nella biblioteca civica di Udine. Il tribunale prendeva di mira soprattutto i mercanti, i gestori delle bettole, viaggiatori e religiosi.
L’inizio dei processi.
I processi iniziarono dopo la riforma della religione protestante che fece molti proseliti in Friuli, tanto che i vicari del patriarca di Aquileia, durante le visite pastorali, dovettero rinnovare l’interdizione di trattati, libri di filosofia e di religione che circolavano in gran quantità nelle canoniche. Molti dei testi incriminati trattavano tesi sul dogma della religione cattolica di Roma, commentavano argomenti di magia, sulla Bibbia e di morale.
Si racconta che nel 1558, il parroco di Gorizia fu prima scomunicato, poi condannato e bandito dalla parrocchia con la perdita di ogni diritto ecclesiastico, per aver rifiutato ad un moribondo in punto di morte la comunione, asserendo che l’ostia altro non era che materiale preparato manipolando materie prime.
Pochi anni dopo, anche il don di Spilimbergo, maestro di grammatica e bella scrittura, fu obbligato all’abiura pubblica e poi condannato dal tribunale dell’inquisizione per il resto dei suoi giorni a non uscire più di casa e portare la tonaca con una X di colore giallo, per aver seguito indicazioni religiose imparate sui testi protestanti letti e seguiti dalle classi erudite.
La pratica della stregoneria.
La pratica vera e presunta di stregoneria portò davanti al tribunale dell’inquisizione di Udine molte donne e uomini tacciati di sortilegi, pratiche del tutto ispirate dall’irreale mondo dell’invisibile e del simbolismo. La caccia alle streghe e ai maghi fu una metodica persecutoria sociale nei confronti di quell’organizzazione capeggiata dal diavolo in persona.
Nel 1647, nella piazza centrale di Cormons, si era radunata una gran folla per assistere all’esecuzione di due sentenze: Antonia Bevilacqua, dapprima decapitata e poi fatta ardere sul rogo e successivamente Lucia Di Romano che fu arsa viva.