Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio abate, protettore degli animali, con un rito religioso che viene celebrato nella chiesa parrocchiale e sul sagrato, cui fa seguito la benedizione degli animali.
Le origini della festa.
È una festa che ha origine nel IX secolo in Francia, dopo la traslazione delle reliquie di Sant’Antonio abate, vissuto in Egitto tra il 350 e il 356, quando fu fondato l’Ordine ospedaliero degli Antoniani.
A lui sono attribuite anche le virtù sul fuoco e sulla guarigione dell’herpes zoster, chiamato comunemente “fuoco di Sant’Antonio”.
A quei tempi, i religiosi, per sostenere economicamente gli ospedali, diedero inizio all’acquisto di maialini lasciati liberi di girovagare per villaggi e contrade, nutriti un po’ da tutti. Il ricavato della vendita del maiale era impiegato per coprire il fabbisogno dell’ospedale.
La ricorrenza ai giorni nostri.
Successivamente, l’usanza si diffuse ovunque, anche in Italia, per aiutare le comunità di soccorso dei poveri. Il rito religioso si accavallava come sovente accade a riti pagani precedenti.
È probabile che il riferimento dei rituali dell’acqua e del fuoco sia la continuazione dei riti già celebrati dai Celti e dai Romani, perché considerati simboli di rinascita e purificazione.
I Celti festeggiavano il maialino selvatico Lug, dio della morte e della rinascita. I Romani celebravano la gran madre Cerere. Il cristianesimo trasferì la festa a Sant’Antonio abate con la cerimonia della benedizione degli animali.