La preparazione del Presepe.
Il fatto accaduto venti secoli fa prendeva forma dalle mani inesperte di noi bambini. Ecco pian piano sorgere una Betlemme in miniatura, racchiusa fra alcune tavolette, sotto un cielo di carta a stelle d’oro, enormi sul fondo blu: con un ruscello di stagnola che profuma ancora di cioccolata.
Un ponticello di sughero e cartone, alberetti fatti con rami di sempreverdi, casupole rustiche in equilibrio precario sui monti inventati con legni da stufa, sparsi di farina che sembrava proprio la neve decoravano il tutto.
Là una stradina di ghiaia, non si capisce bene da dove venga, ma sicuramente conduce a quella capanna dove il Bambino, in veste bianca, supera quasi la grandezza corporea di Maria e di Giuseppe adoranti ai suoi lati, e del bue e dell’asino sistemati dietro.
La Betlemme che si popola.
È la nostra Betlemme che a poco a poco si popola di figure semisepolte nel muschio fresco, soffice e restio ad appianarsi. Le pose dei pastori sono quelle di sempre: uno vestito di rozza pelliccia, un altro solleva il braccio con un gesto di meraviglia, l’anziano barbuto si inchina togliendosi il cappello, lo zampognaro soffia nel suo strumento dall’otre rigonfio, una graziosa fanciulla viene dal pozzo reggendo la sua brocca di argilla, un ragazzetto beatamente riposa, sdraiato in disparte.
Le pecore, sparse un po’ dovunque, pascolano libere per conto loro: come per conto loro se ne stanno il pescatore con la lenza, il caldarrostaio, l’arrotino.
Questa scena riesce a rievocare per noi la mistica notte di luce incantata, prodotta da lampadine a colori, con i fili nascosti alla meglio. Nella stanza, odorosa di mandarini e di panettone, soltanto il presepio è illuminato; la cometa di lustrini brilla sul tetto di paglia della capanna, sotto le ali spiegate dell’angelo sospeso.