Antonio Andreuzzi e i moti friulani del 1864

Il ruolo di Antonio Andreuzzi nei moti friulani del 1864

La figura chiave della vicenda dei moti friulani è Antonio Andreuzzi, nato nel 1804 e morto nel 1874. 70 anni dunque, durante i quali ha assistito o per meglio dire partecipato in maniera attiva alle fasi del Risorgimento Italiano. Andreuzzi appartenne a una generazione storica ossia quella di Garibaldi, nato nel 1807, e di Mazzini, nato nel 1805. Uomini che scrissero la Storia e che condussero le proprie vite nel segno di un’Unità Nazionale tanto acclamata: Uomini che cambiarono per sempre le sorti del nostro Paese.

Chi era Antonio Andreuzzi.

Antonio Andreuzzi nacque a Navarons di Meduno, un piccolo paesino che al giorno d’oggi conta circa 122 abitanti. Le fonti storiche lo descrivono come un personaggio netto e deciso, ma soprattutto come un uomo a cui non piaceva scendere a compromessi. Primo di sei fratelli, plasmò i suoi ideali nazionali alla luce di un educazione democratica impartitagli dal padre. Passioni quali la caccia inoltre, gli consentirono di conoscere l’intero territorio come se fosse il giardino di casa sua. Sarà proprio questo territorio, a sua insaputa, a fare da memorabile scenario alle sue imprese.

Nel corso della sua gioventù Andreuzzi frequentò il Ginnasio di Portogruaro avvicinandosi all’educazione classica, in particolare agli ideali di libertà e d’indipendenza espressi dalle opere di Cicerone e che furono fondamentali nell’ideologia dei moti friulani. Le morti precoci della madre nel 1817 e del padre nel 1827, lo posero dinanzi alla necessità di concludere il suo percorso di studi. Così, nel 1832, ottenne presso l’Università di Padova il diploma di medico operatore inziando fin da subito la sua attività a Navarons e nei paesi della Val Colvera e della Val Tramontina. Prima di lasciare la città di Padova tuttavia, Andreuzzi partecipò alla contestazione antiaustriaca e quando decise di tornare a casa iniziò a diffondere ideali politici di libertà e indipendenza. Quest’ultimo passaggio trova conferma Memorie scritte da lui stesso: «sostenendo fatiche erculee – scrive a un certo punto – con pochi compensi materiali, ma col maggiore di tutti i compensi di essere da tutti amato e di vedere che i miei principi politici, che andavo sempre diffondendo al contatto con quei montanari, germinavano assai bene»

Il ruolo nei moti friulani.

I primi frutti concreti dell’educazione politica di Andreuzzi si raccolsero nel 1848 quando assieme ai “suoi montanari”, costituì un nucleo di cento alpigiani con i quali marciare in difesa della linea del Tagliamento. Il gruppo si mise al servizio del generale piemontese La Marmora per poi andare in soccorso a Pier Fortunato Calvi in Cadore nei pressi del cosiddetto “Passo della Morte”. Armati di pochi fucili, forche, falci e “batterie di sassi”, gli uomini di Calvi tennero testa a 8.000 austriaci prima di soccombere e di battere in ritirata. Nel frattempo il nucleo familiare di Andreuzzi si espanse e nacquero Silvio, suo primogenito, a cui seguirono Paolina, Italia e Rosina. Per ragioni economiche si trovò dunque costretto ad accettare la condotta medica di San Daniele, altro paesino in cui il patriottismo non mancava affatto. Qui vi conobbe Gaetano Biasutti, un tipografo che aderì alla causa Risorgimentale e mise a disposizione i propri torchi e le proprie competenze professionali. Nel 1864 Garibaldi pubblicò il manifesto “Agli Italiani” e, venuto a conoscenza di un tale Andreuzzi dallo spirito patriottico, gli scrisse: «Conosco la vostra attività e il vostro patriottismo. Dite ai nostri amici del Friuli di perseverare; persuadeteli ch’essi potranno al momento opportuno e colla ardita iniziativa, decidere i destini d’Italia. Non saranno abbandonati. Si stringano intorno al Comitato Centrale Unitario e s’intendano con Benedetto Cairoli. Io sarò con loro».

La sera del 15 ottobre 1864 Antonio Andreuzzi radunò i suoi compagni e decise di passare all’azione. Lesse la lettera ricevuta da Garibaldi ai suoi compagni e aggiunse che era in corrispondenza con Mazzini, altro personaggio che lo incitò ad agire “colla bandiera tricolore in nome di Vittorio Emanuele”. La riunione terminò al grido di “Viva Mazzini! Viva Garibaldi!”, e cominciò la distribuzione di bombe fabbricate a Navarons, armi, cappelli, scarpe e tutto il necessario per la battaglia.

I patrioti che aderirono ai moti friulani attesero per tutta la notte un finanziamento di 50.000 franchi che Benedetto Cairoli gli aveva precedentemente promesso, anche se alla fine non arrivò. Per questo motivo il dottor Andreuzzi, in accordo con Silvio e Tolazzi, decise di marciare con la banda prima verso Spilimbergo e successivamente verso Maniago. Così alle due e mezza di notte, la domenica del 16 ottobre 1864, il gruppo di uomini mosse da Navarons in direzione Meduno per poi spostarsi verso Spilimbergo. Su una colonna dei portici venne affisso un foglio firmato da “La Banda delle Alpi” e sicuramente proveniente dalla tipografia di Biasutti, prima citato. L’accoglienza non fu tutto sommato quella sperata e molte persone, spaventate dalla portata dell’evento, se ne tirarono fuori. Così la banda si spinse verso Maniago ma anche lì l’accoglienza non fu delle migliori: dopo aver disarmato la Gendarmeria locale e prelevato dalla cassa erariale la somma di 283 fiorini, si spostò nuovamente in direzione Navarons.

Valutazioni storiche

Circa vent’anni dopo la conclusione dei moti friulani del 1864 le reazioni furono molto discordanti. Nei risultati concreti possono essere valutati come una nobile e folle impresa di pochi ma contestualizzati nel quadro dell’Italia Risorgimentale, assumono un significato molto più profondo. Non a caso infatti, l’Italia Unita che nascerà in seguito ai moti della penisola si rivelerà molto frammentata e questa realtà fu confermata già qualche anno prima da episodi come quello di sopra riportato. Da un punto di vista sociale molti storici considerano il processo Risorgimentale come una “conquista regia” e non popolare, proprio per sottolineare quanto le persone della penisola fossero diverse tra loro. Senza dubbio, sebbene molte persone del tempo non se ne fossero accorte, l’ideologia che vi stava dietro gettò le basi fondanti della nostra Italia.