Chi arriva per la prima volta a Marano viene subito informato che “Qua esiste che tute le done xe parone”. È una storia antica che la tradizione racconta così: accade che, nel periodo delle grandi epidemie di pestilenza che colpirono la costa adriatica, l’Italia e tutta l’Europa, il borgo marinaro di Marano fu quasi completamente decimato della popolazione, si racconta che si salvarono solamente 18 uomini.
Le donne di Grado.
I fortunati vennero a sapere da un marinaio sbarcato a Marano a causa di un nubifragio, che nella vicina cittadina di Grado si contavano numerose le donne, molte erano in età di marito e ben felicemente avrebbero accettato il matrimonio.
I 18 cittadini di Marano ben presto raggiunsero Grado, ognuno fece amicizia con una donna, ma quando si stavano avviando sulla via del ritorno, la donna più anziana di Grado fermò il gruppo e parlò molto chiaro agli uomini: le donne gradesi li avrebbero seguiti a Marano alla sola condizione che fossero loro a comandare. Gli uomini, non avendo possibilità di trattativa, accettarono se pur a malincuore e, da quel tempo, le donne comandano a Marano e, in ogni caso, in ogni dialogo e in tutte le attrattive, hanno l’ultima parola.
La felicità dei pescatori.
Con il passare del tempo, il malumore degli uomini si trasformò in felicità perché si poterono dedicare completamente all’attività della pesca, attività che li rende secondi a ben pochi per individuare il mare più pescoso e per l’abilità nel lanciare le reti e la professionalità nel modo di pescare. Il ritorno a riva dei pescatori con il ricco carico di pesce è salutato con felicità dalle donne di Marano.