L’ira del Fvg dopo il veto della Slovenia sul recovery fund.
Il veto della Slovenia sul recovery fund fa andare su tutte le furie i parlamentari del Friuli Venezia Giulia. Non è piaciuta, per usare un eufemismo, la presa di posizione della vicina Repubblica balcanica al piano europeo da 750 miliardi di euro volto a contrastare le ricadute economiche della pandemia. Il premier sloveno Janez Jansa ha deciso dunque di seguire la rotta tracciata da Ungheria e Polonia.
“Non bastavano i confini con l’Italia chiusi unilateralmente con dei massi, non bastava l’alterna attenzione sulla rotta balcanica: ora la Slovenia si mette anche d’intralcio sulla strada verso l’attivazione del Recovery fund – attacca Roberto Novelli, deputato Forza Italia -. Il sostegno di Lubiana al veto di Ungheria e Polonia è la riprova della concezione ultrasovranista dei nostri vicini, e la ragione del veto, la condizionalità tra erogazione dei finanziamenti e rispetto dello Stato di diritto, la riprova di un approccio ben lontano dai principi dell’Unione europea”. Un atteggiamento che Novelli giudica inqualificabile: “Non si può pensare alla Ue come una mucca da mungere alla bisogna: non è un semplice ente erogatore di fondi, ma un’entità tutt’altro che perfetta, ma che comunque poggia su valori condivisi. Valori che evidentemente non sono condivisi dalla Slovenia. Se a causa del bastone posto tra le ruote dei meccanismi europei i consistenti fondi, di cui l’Italia ha bisogno, dovessero tardare ad arrivare, i corresponsabili di questo ritardo avranno nomi e cognomi, e tra questi quello del primo ministro sloveno, peraltro già contestato persino dai suoi alleati di governo”.
A rincarare la dose è la compagna di partito, Sandra Savino. “Irresponsabili. In una fase così complessa che coinvolge l’intero continente europeo, è da irresponsabili giocare a ritardare se non a distruggere il recovery fund per evidenti finalità politiche anti-europee – le sue parole -. L’Unione europea, che non esito a criticare quando è latente, questa volta ha risposto all’emergenza con interventi economici consistenti di cui beneficerebbero tutti i paesi. La condizionalità è rispettare i principi dello stato di diritto? Non vedo dove sia il problema: chi aderisce all’Ue dovrebbe riconoscervisi”.
Da Savino una considerazione a più ampio respiro. “È amaro constatare che ad intralciare la strada verso il Recovery fund siano Paesi che hanno conosciuto dittature comuniste, spiace ancor di più che a giocare con i destini del continente sia un Paese da due milioni di abitanti che, dopo aver beneficiato di fiumi di denari europei, ha dimostrato scarsa collaborazione con l’UE e con l’Italia”.