La svolta nel caso Unabomber.
Una svolta clamorosa scuote l’inchiesta riaperta sul caso Unabomber, ricostruito il Dna del misterioso attentatore che ha seminato il terrore nel Nordest d’Italia tra il 1994 e il 2007. Come riporta il Messaggero Veneto e i quotidiani del gruppo Nem, le indagini hanno portato alla scoperta di tracce di DNA potenzialmente riconducibili all’autore degli attentati, sollevando nuove speranze di giustizia per le vittime e i loro familiari. Il Dna è stato ricavato grazie alle analisi su alcuni reperti effettuati con le tecnologie odierne.
Nuovi sospettati e analisi incrociate
Attualmente, sono in corso sofisticati test genetici che includono la comparazione incrociata dei dati raccolti con i profili di diverse persone, alcune delle quali hanno acconsentito a fornire il proprio DNA alle autorità. Questo lavoro meticoloso è tutt’ora in corso e le perizie genetiche verranno depositate in tempo per l’udienza prevista per ottobre, nell’ambito dell’inchiesta “bis” riaperta nel 2022. In particolare, i periti del giudice per le indagini preliminari hanno deciso di comparare dieci reperti con il DNA di una quindicina di persone residenti nelle province di Pordenone e Udine, che erano state sospettate all’epoca ma successivamente escluse dalle indagini.
Rivalutazione dei vecchi sospettati
La decisione di riesaminare i vecchi sospettati, molti dei quali ritenuti non rilevanti in passato, è stata presa recentemente. Gli inquirenti hanno dedicato tempo ed energie per verificare se questi individui fossero ancora in vita e per rintracciarli. Maurizio Paniz, l’avvocato che difese Elvo Zornitta, unico indagato della prima inchiesta, ha espresso scetticismo, temendo che si possa nuovamente illudere le vittime senza arrivare a una conclusione certa. Nonostante i trent’anni trascorsi dai primi attentati e le difficoltà nella conservazione dei reperti, la scienza sembra ora restringere il cerchio attorno al colpevole.
Dai reperti ai sospetti
Il DNA è stato prelevato da tutti coloro che sono venuti in contatto con i reperti, per escludere tracce non rilevanti. Gli attentati di Pordenone, Udine, Venezia e Treviso sono stati oggetto di un’analisi approfondita, con campioni prelevati da una vasta gamma di oggetti: da un tubo filettato ai nastri isolanti, fino a una bomboletta di stelle filanti e una bottiglia di Coca Cola.
Il rischio di prescrizione
Ben 24 attentati sono già caduti in prescrizione e il procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, che ha fortemente voluto la riapertura delle indagini, andrà in pensione a giugno. La scoperta del DNA potrebbe rappresentare una svolta decisiva, ma resta da vedere se sarà sufficiente a risolvere definitivamente uno dei casi più inquietanti e intricati della cronaca italiana.