La strage dell’anti-vigilia di 21 anni fa.
Il 23 dicembre 1998 alle 5.45 a Udine uno scoppio rompe il silenzio della notte. Tra i lampioni e le luminarie natalizie, del fumo esce da un negozio di telefonia in viale Ungheria. Scatta l’allarme e un passante avverte la polizia.
Una pattuglia e Paolo Albertini, proprietario del negozio, giungono subito sul posto. Una bomba a mano M52 è stata attaccata alla serranda e, pochi secondi dopo, con la pressione di uno dei poliziotti, esplode. Restano uccisi i tre poliziotti – Giuseppe Guido Zanier, 34 anni, Adriano Ruttar, 41 anni, e Paolo Cragnolino, 33 anni – e feriti il proprietario e un altro agente, Alberto Bianco.
Con le indagini si scopre la presenza in Friuli di un’organizzazione criminale albanese che controlla traffici di droga e prostituzione. Ma, al primo processo, cadono le accuse di strage, mentre permangono quelle di associazione mafiosa e sfruttamento della prostituzione. Nel 2013 la Cassazione rivede il caso e fa cadere tutte le accuse più gravi: appunto quelle di strage e di associazione mafiosa che viene mutata in associazione a delinquere.
Sono passati ventun anni, ma il 23 dicembre 1998 è ancora la data che ha portato consapevolezza nella regione. Il Friuli era sempre stato lontano dalla criminalità e dalla mafia, finché questa impressione non è stata brutalmente smentita.
Ogni anniversario, i parenti delle vittime ricordano la strage ancora impunita. Lo scorso anno, il 23 dicembre, era stato eretto un monumento in ricordo delle tre vittime, realizzato dall’artista friulano Roberto Milano.