La sentenza della Cassazione sul caso di un dipendente di Udine.
Sparlare dei propri capi su WhatsApp in conversazioni private ed extra lavorative non è reato e non va punito. Lo ha stabilito la Cassazione, chiamata ad esprimersi sul caso del comandante delle guardie giurate di Udine dell’azienda Italpol.
L’uomo si era lasciato andare a commenti poco lusinghieri nei confronti dei propri capi durante una conversazione con un ex collega. Ma della conversazione era rimasta traccia nel pc aziendale. Il dipendente era quindi stato licenziato anche per questo motivo ma il tribunale di Udine dichiarando illegittimo il licenziamento. Nel successivo grado di giudizio la Corte d’Appello di Trieste, avevano ribadito che la conversazione non andasse sanzionata, ma aveva accolto parzialmente il ricorso dell’azienda per altre due contestazioni mosse al lavoratore.
Le due parti hanno quindi deciso di ricorrere in Cassazione. Gli ermellini hanno nuovamente ribadito che la conversazione privata non possa costituire reato o motivo di sanzione. Per le altre 2 contestazioni, l’omissione di aver segnalato alla questura di Udine i turni e la mancata denuncia di un’aggressione subita da una guardia giurata su un’autobus, ci sarà un appello bis: i giudici infatti invitano alla possibilità di sanzionare il dipendente, lasciandolo però al lavoro.