Svelata un meccanismo illegale che coinvolgeva ragazzi.
A conclusione di una serrata indagine della guardia di finanza di Gorizia, sono stati eseguiti perquisizioni e sequestri nei confronti di quattro persone: una donna 39enne di Cormons, due coniugi (un 52enne e una 47enne) residenti a Marcon, in provincia di Venezia, e un quarto uomo, anch’esso 39enne, di Mestre.
Sono tutti indagati per truffa, in quanto ritenuti responsabili di diverse condotte perpetrate in danno a ragazzi cerca di occupazione, “agganciati” mediante la pubblicazione su vari siti internet di annunci di lavoro.
Le indagini sono state svolte dai finanzieri della compagnia di Monfalcone, a seguito di una denuncia presentata ad aprile 2019 da una ragazza goriziana vittima del raggiro. Le fiamme gialle hanno quindi svelato il meccanismo: giovani in cerca di occupazione venivano attirati attraverso annunci di lavoro quale “consulente turistico” da parte di una società con sede in Veneto, ma presente su tutto il territorio nazionale con una rete di oltre 80 agenzie di viaggi in franchising.
Queste sarebbero state tutte affiliate alla società madre che manifestava quale oggetto delle propria attività il brokeraggio, ovvero l’intermediazione, di pacchetti vacanze prodotti da operatori turistici.
I ragazzi rispondevano all’annuncio fornendo i propri dati e, successivamente, venivano invitati a sostenere un primo colloquio, per poi partecipare ad un corso di formazione effettuato mediante una video-chiamata della durata di qualche minuto. Ai candidati veniva illustrato il lavoro proposto: questo consisteva nella vendita porta a porta di pacchetti denominati “Discovery Fly”, al costo oltre 2 mila euro, con la promessa di ricevere una provvigione di 300 euro per ogni pacchetto venduto.
Ai giovani neo-procacciatori non veniva comunicato o veniva accennato in modo affatto trasparente che si assumevano l’obbligo di acquistare un pacchetto ad un prezzo “scontato”, compreso tra 800 e 1.800 euro. La somma doveva essere corrisposta previa stipula di un contratto di finanziamento. Tuttavia, sottoponendo in visione ai ragazzi i contratti di finanziamento, di cui non avevano mai ricevuto copia, si è potuto constatare che tali contratti riportavano firme apocrife e dati non veritieri.
Così facendo, sui giovani neo-procacciatori ricadeva l’onere di pagare le rate del prestito stipulato a loro nome ed a loro completa insaputa. Le investigazioni, ancora in corso, hanno portato ad ascoltare decine di persone, tutte intestatarie di contratti di finanziamento, sull’intero territorio nazionale; molte di esse, residenti nelle province di Gorizia, Udine, Treviso, Varese, Taranto, Venezia, Padova, Ragusa e Foggia, scoprendo di essere state vittime del sistema truffaldino, hanno deciso di sporgere querela.