La controversia con Crédit Agricole.
Perde le falangi di due dita a causa di un infortunio sul lavoro ma la sua assicurazione non le riconosce l’amputazione totale perché la menomazione non è il frutto “dell’incidente in sé” ma della “regolarizzazione chirurgica”. Crédit Agricole si è apposta alle richieste di indennizzo di una lavoratrice di 45 anni di Talmassons, andata incontro a uno degli infortuni più frequenti quando si maneggiano macchinari pericolosi, datati e non più in linea con le recenti normative di sicurezza. Adesso lo Studio3A, che la assiste, è pronto ad andare in causa contro l’istituto se servirà.
La vicenda.
La 45enne il 19 novembre 2019 sta operando in un’impastatrice per confezionare il burro nell’attività casearia della zona per la quale lavora da dieci anni e mentre lava la “panettatrice” con dell’acqua, come ha fatto migliaia di volte, con l’ausilio di una gomma, il macchinario risucchia il tubo e con esso le dita della mano sinistra. La lavoratrice chiede aiuto, nonostante il dolore recupera i due pezzetti di dito finiti nel macchinario e tampona le ferite in attesa dell’ambulanza del 118, allertato da un collega. Intervengono poi lo Spisal di Gemona e i carabinieri di Mortegliano. Il trauma ha provocato una lesione vascolo-nervosa che non si può sanare se non con l’amputazione chirurgica completa del poco che resta dell’ultima falange delle dita, intervento necessario non tanto per motivi estetici ma per ragioni mediche, di cura della ferita efunzionalità della mano.
Per la donna inizia un lungo calvario, torna ripetutamente in ospedale, per rimuovere i punti e per le periodiche medicazioni: a fine dicembre accusa una “infezione da sutura”. Resta in infortunio fino al 5 marzo 2020, quando l’Inail chiude la pratica riconoscendole un’invalidità permanente del 7%. Il 20 giugno, a stabilizzazione dei postumi, il medico del lavoro constata che permane ancora un’impotenza funzionale alla “prensione”, e nel suo giudizio di idoneità avanza controindicazioni per la movimentazione manuale dei carichi e l’esposizione a basse temperature, raccomando di variare la tipologia delle attività dell’addetta. Insomma, una bella botta.
Non bastasse, l’operaia deve subire tante amarezze. La questione principale non riguarda la pratica con l’azienda relativa all’incidente, ma la polizza infortuni personale che l’operaia, con preveggenza, aveva stipulato con Crédit Agricole, per un premio annuo, regolarmente pagato, sui 200 euro. Il contratto prevede la liquidazione di un tantum a seconda del tipo di lesione e contempla sia il caso della frattura alle falangi sia la loro amputazione completa. Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, a cui la lavoratrice si è affidata per essere assistita nell’iter risarcitorio, tramite il responsabile della sede di Udine, Armando Zamparo, presenta la richiesta danni alla compagnia, ma alla fine offrono alla lavoratrice per chiudere il sinistro poche centinaia di euro, riconoscendole solo la frattura. La tesi di Crédit Agricole, per citare la risposta, è che l’infortunio in sé “non ha determinato l’amputazione netta delle falangi distali delle due dita bensì solo una amputazione parziale. L’amputazione delle falangi distali venne eseguita con intervento chirurgico di regolarizzazione”. Poco importa che quella regolarizzazione, come detto, fosse necessaria e chiaramente connessa al trauma da lavoro e che il risultato di quell’incidente sia che oggi la donna ha totalmente perso due falangi. Si preannuncia una causa in tribunale.