Pedopornografia online, arresto a Udine.
Oltre 300 uomini della polizia postale dalle prime ore dell’alba stanno eseguendo perquisizioni e arresti in flagranza in 53 province e 18 regioni italiane. Si tratta della più imponente operazione di polizia degli ultimi anni contro la pedopornografia online. Tra le persone coinvolge c’è anche un 55enne di Udine. Nella mattinata di ieri gli investigatori hanno eseguito un decreto di perquisizione informatica disposta dalla Procura della Repubblica di Milano nei confronti dell’uomo residente nella provincia di Udine.
Nella circostanza sono stati rinvenuti ed analizzati diversi devices ed in particolare un telefono cellulare al cui interno sono state individuate migliaia di files di natura pedopornografica. E’ stata altresì accertata la presenza di centinaia di chat pedopornografiche su diverse piattaforme di messaggistica istantanea dove l’indagato aveva ricevuto e divulgato del materiale illecito relativo allo sfruttamento sessuale di minori. Si è acclarata altresì la presenza di chat tra il perquisito e minori che potrebbero ricondurre a tentativi di adescamento online e che sono al vaglio degli inquirenti. L’uomo in considerazione dell’ingente quantità di materiale pedopornografico rinvenuto è stato tratto in arresto e associato presso la Casa Circondariale di Udine in attesa dell’udienza di convalida.
Quella di oggi è l’ennesima attività portata a termine dalla polizia postale che, va ricordato, effettua il monitoraggio H24 dell’intera rete Internet a salvaguardia dei minori e di tutte le fasce deboli. La prevenzione e il contrasto al fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori sulla rete vedono in prima linea la polizia postale.
Dopo due anni di indagini condotte “sotto copertura” sulla rete Internet, la polizia postale di Milano e del C.N.C.P.O. – Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale di Roma, coordinati dai Procuratori Aggiunti Fusco e Mannella insieme ai Sostituti Barilli e Tarzia della Procura Distrettuale di Milano, hanno identificato 432 utenti che, sfruttando le potenzialità delle diffusissime applicazioni WhatsApp e Telegram, partecipavano a “canali” e “gruppi” finalizzati alla condivisione di foto e video pedopornografici ritraenti vere e proprie violenze sessuali su minori; gli abusi, in particolare, riguardavano prevalentemente bambine e bambini in tenera età e, in alcuni casi, anche neonati.
Dei 159 gruppi individuati dagli investigatori della polizia postale, 16 erano delle vere e proprie associazioni per delinquere, al cui interno era possibile distinguere promotori, organizzatori e partecipi, con ruoli e compiti ben definiti. Ciascun gruppo era regolato da precise e severe norme di comportamento finalizzate a preservare l’anonimato – e, quindi, la “sicurezza” – del sodalizio criminale, oltre che dei singoli partecipanti. La violazione di tali regole comportava, infatti, l’espulsione da parte degli amministratori. La lunga e capillare attività di indagine ha consentito di dare un nome ai nickname utilizzati in rete dai pedofili, portandoli allo scoperto e fuori dall’anonimato della rete.