Maxi operazione della Polizia contro l’immigrazione sulla rotta balcanica
Tredici cittadini di origine kosovara e albanese (di cui 10 dimoranti in Fvg) in custodia cautelare e sette arresti in flagranza di reato: sono i risultati della maxi operazione “The End” condotta dalla Polizia di Stato di Trieste, che ha portato a smantellare una banda di trafficanti di esseri umani, ritenuti allo stato delle indagini responsabili del reato di associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina lungo la rotta balcanica. Nella stessa indagine sono stati indagati anche ulteriori 13 soggetti delle medesime nazionalità.
L’operazione di polizia giudiziaria avviata nelle prime ore della mattinata del 26 giugno e proseguita per l’intera giornata del 27, è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Trieste unitamente alla locale S.I.S.C.O. (Sezione Investigativa Servizio Centrale Operativo), con il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato e con il concorso operativo delle Squadre Mobili di Bologna, Rimini, Pesaro Urbino e Treviso, dei Reparti Prevenzione Crimine di Padova, Bologna e Reggio Emilia, nonché delle Polizie Francese, Slovena, Kosovara e Albanese, attivate dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia per il tramite degli uffici degli esperti per la sicurezza di Parigi, Lubiana, Pristina e Tirana.
Le indagini.
Le indagini, svolte dagli agenti della Sezione Criminalità Organizzata e Catturandi della Squadra Mobile giuliana con il supporto del Servizio Centrale Operativo, hanno avuto inizio nel novembre del 2021 a seguito di mirati accertamenti con l’obiettivo di verificare il passaggio a Basovizza di auto che potessero essere usate dai passeur attraverso il valico degli ex confini di Stato con la Slovenia (Pesek e Basovizza).
In particolare, gli agenti hanno prestato attenzione ai veicoli che sono risultati viaggiare accoppiati in più occasioni, ritenendo che rispecchiassero il tipico modus operandi utilizzato dai passeur, che sono soliti adoperare autovetture di staffetta seguite dai veicoli con a bordo i migranti irregolari.
Gli accertamenti hanno consentito di evidenziare come, effettivamente, ci fossero sistematici passaggi di coppie di autovetture in determinati orari della giornata, tanto da avvalorare l’ipotesi che le stesse potessero essere utilizzate per il trasporto illegale di migranti. Da qui, nel 2022, l’avvio delle indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica – D.D.A., con numerosi servizi di osservazione e pedinamento sia in ambito cittadino che lungo la fascia confinaria con la Slovenia.
Collaborazioni internazionali.
Grazie anche alla collaborazione con la Polizia slovena e le autorità di sicurezza croate, gli approfondimenti e i controlli investigativi hanno portato a ordini europei d’indagine emessi dall’autorità giudiziaria, per la formale assunzione degli elementi di prova raccolti dalla polizia estera in occasione, in particolare, degli arresti e dei rintracci di migranti effettuati in quella nazione e relativi all’organizzazione criminale oggetto di indagine.
Gli accertamenti sviluppati nel corso dei mesi hanno consentito di ricostruire molteplici episodi di trasporti illegali di migranti e, dall’altro, di svelare l’operatività, a Trieste, di 26 soggetti che appaiono comportarsi, allo stato delle indagini, come un gruppo criminale organizzato dedito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Come funzionava l’organizzazione.
Dalle complessive investigazioni, è plausibile dedurre che i destinatari degli odierni provvedimenti cautelari abbiano dato luogo ad una vera e propria associazione a delinquere con suddivisione di ruoli, nell’ambito della quale sono emerse alcune figure di vertice deputate alla organizzazione e concreta predisposizione dei servizi volti al recupero e trasporto dei migranti in Italia ed altre aventi ruoli di autisti e passeur, impiegati secondo dei veri e propri “turni di lavoro”.
Il gruppo aveva anche costituito una cassa comune (con i proventi illeciti) la cui gestione è risultata essere affidata ad una donna appartenente all’organizzazione, coniuge e sorella di alcuni degli indagati.
È stato riscontrato come il presunto sodalizio criminale fosse dotato di un’organizzazione ben strutturata non solo in termini di uomini, ma anche di mezzi. Il sodalizio vantava, infatti, una nutrita flotta di autovetture, alcune delle quali di proprietà dei componenti ed altre prese a noleggio, nonché, in alcune occasioni, anche l’impiego di furgoni.
I veicoli sono stati messi a disposizione dei sodali per il trasporto dei passeur al confine Croato/Sloveno, per il trasporto dei clandestini, per il recupero dei passeur e per effettuare le “staffette” in occasione del rientro in Italia al fine di verificare se i tragitti percorsi risultassero liberi dalla presenza delle forze dell’ordine.
È emerso inoltre che il gruppo era in stretto contatto con un organizzatore, allo stato non compiutamente identificato e presumibilmente dimorante all’estero, che provvedeva a far giungere i clandestini sino al confine croato/sloveno, avvisando i sodali della presenza di migranti da trasportare in Italia.
Nelle ore pomeridiane, quindi, una delle autovetture partiva da Trieste alla volta della località Pomjan (Slovenia) da cui, lasciati i passeur, faceva immediatamente ritorno in Italia. A questo punto, i passeur si addentravano a piedi nella zona boschiva attraverso la quale raggiungevano il confine tra la Slovenia e la Croazia dove trovavano ad attenderli i migranti. Una volta recuperati i clandestini, questi venivano accompagnati, a piedi, seguendo percorsi boschivi, nuovamente fino alla località di Pomjan o zone limitrofe, dove venivano fatti salire a bordo di autovetture condotte da altri componenti del gruppo incaricati di raggiungere la città di Trieste, mentre i passeur prendevano posto su autovetture diverse.
Le botte e i sonniferi.
Il corrispettivo richiesto per ogni migrante trasportato ammontava tra i 200 e i 250 euro e, a volte, nella medesima giornata venivano effettuati anche più trasporti, nel corso dei quali poteva capitare che i migranti venissero percossi.
In particolare, per come risultato da una conversazione captata, nel corso dell’attraversamento a piedi dei sentieri boschivi, il passeur racconta all’organizzatore che i migranti che stava accompagnando non volevano camminare, tanto che è stato costretto a picchiarli, aggiungendo che i predetti erano così alterati dall’ingente assunzione di bevande energetiche (evidentemente finalizzata ad ingannare il senso di stanchezza) che uno di loro, dopo aver ricevuto degli schiaffi, rideva.
In altra occasione è stato evidenziato come i passeur costringessero i bambini ad assumere dei sonniferi per evitare l’eventualità che potessero piangere durante le tribolate fasi del cammino notturno attirando, con ciò, l’attenzione di passanti o forze dell’ordine.
Il compendio investigativo raccolto ha determinato il G.I.P. di Trieste, sulla scorta delle richieste avanzate dal P.M. Massimo De Bortoli, titolare del procedimento, ad emettere le misure cautelari sopra specificate, alle quali è stata data esecuzione nella giornata del 26 giugno.