Omicidio Tulissi, la lettera di Paolo Calligaris: “Anche io vorrei fosse fatta giustizia”

Dopo l’annullamento della sentenza di condanna, Calligaris ribadisce la sua innocenza

Paolo Calligaris, in una lettera consegnata ai media, torna a professare la sua innocenza per l’omicidio di Tatiana Tulissi, la sua compagna, uccisa con tre colpi di pistola l’11 novembre 2008 nella villa di Manzano dove la coppia viveva. L’imprenditore cividalese, oggi 54enne, era stato condannato a 16 anni di reclusione per il delitto, ma una sentenza della Cassazione ha annullato la sentenza a suo carico, rimettendo in discussione l’intero procedimento.

Nei giorni scorsi, era stata la mamma di Tatiana, Meri Conchione, a chiedere giustizia: “Voglio solo sapere chi ha ucciso mia figlia. Mi appello al Presidente Mattarella: non so in che termini potrà fornirmi aiuto, ma confido in un suo intervento. Dopo due Cassazioni provo anche questa strada…”.

La risposta di Calligaris

La lettera di Calligaris vuole essere una risposta a questo appello. “Rispetto il dolore di una madre e la sua ansia di giustizia“, si legge nella missiva. “Chi più di me vorrebbe conoscere la verità sulla morte di Tati e trovare il vero colpevole. Tati e io ci amavamo. Non eravamo in crisi. Eravamo felici”.

L’imprenditore ricostruisce, poi, le lunghe indagini sull’omicidio: “Ho visto un po’ di luce quando, due anni fa, è stato arrestato un uomo, che in una rapina aveva usato un bastone nella mano destra e una pistola nella mano sinistra, le stesse armi usate per uccidere Tati, la stessa tecnica usata per una serie di colpi nella zona”. Ma la pista, ricorda ancora Calligaris, “è stata archiviata in gran fretta, da quella stessa Procura che, ossessivamente e nonostante tutte le prove in mio favore, ha ritenuto e ritiene sia io il colpevole di questo orribile delitto”.

“So bene che non è questo il luogo per rifare il processo, ma so che sono innocente e considero una persecuzione quel che mi è accaduto e mi accade. E sono il primo che vorrebbe fosse fatta giustizia”, conclude Paolo Calligaris.