Depositate le motivazioni della sentenza della condanna all’ergastolo per Filippo Turetta.
Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Venezia che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Nelle motivazioni depositate dai giudici, si delinea un quadro agghiacciante: a scatenare la furia omicida non fu un raptus, ma il rifiuto profondo e deliberato di accettare l’autonomia e l’indipendenza della giovane donna.
“Motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna”, scrivono i giudici, definendo l’azione di Turetta come “efferata e risoluta”.
L’incapacità di accettare la libertà di Giulia
Secondo la Corte, Turetta ha agito mosso dall’incapacità di tollerare anche le scelte più banali della vita autonoma di Giulia: un vero e proprio rifiuto di riconoscerle il diritto di essere libera. Un movente che i magistrati bollano come “abietto”, sradicato da ogni logica relazionale sana e, al contrario, radicato in una cultura del possesso e della dominazione.
Una confessione parziale e una lucidità inquietante
La confessione dell’imputato, spiegano i giudici, è stata frammentaria e strategica: Turetta ha ammesso solo ciò che era già evidente agli inquirenti, tralasciando o negando elementi chiave anche di fronte a prove schiaccianti. Addirittura, dalle intercettazioni con i genitori in carcere, si evince come fosse perfettamente consapevole della portata delle accuse e del materiale raccolto contro di lui.
Ma è forse l’aspetto della lucidità post-delitto a gettare un’ulteriore ombra sull’intera vicenda. Dopo aver inferto decine di coltellate a Giulia, Turetta ha agito in modo calcolato: ha occultato il cadavere in un luogo isolato, lontano dalla scena del crimine, nel tentativo – fallito – di ritardarne il ritrovamento. Un comportamento, secondo la Corte, che testimonia piena coscienza e intenzionalità.
Le 75 coltellate e l’assenza dell’aggravante della crudeltà
Sebbene il numero di coltellate – 75 in totale – parli da sé, la Corte ha deciso di escludere l’aggravante della crudeltà. La motivazione? L’efferatezza dell’atto, secondo i giudici, sarebbe frutto dell’inesperienza dell’imputato, incapace di infliggere colpi “efficaci”, piuttosto che di una volontà di infliggere sofferenze aggiuntive.
La dinamica dell’aggressione, ripresa da videocamere, mostra un attacco caotico, concitato, senza precisione. Nonostante ciò, l’omicidio si è protratto per almeno venti minuti, durante i quali Giulia ha avuto coscienza del proprio destino. Una consapevolezza che getta ulteriore orrore sulla tragedia, ma che secondo la Corte non basta a configurare una volontà deliberata di farla soffrire più del necessario.