I coltelli erano venduti come se fossero fatti a Maniago.
Erano prodotti in Cina, ma spacciati per “made in Italy” come se fossero stati realizzati a Maniago: per questo, i finanzieri del Comando Provinciale di Pordenone e i funzionari del locale Ufficio delle Dogane hanno sequestrato 5.400 articoli di coltelleria.
Denunciato il rappresentante legale della società, parimenti deferita per la responsabilità amministrativa. Altri 1.600 coltelli, privi delle informazioni obbligatorie sull’origine dei prodotti e pronti per la vendita, sono stati sequestrati in via amministrativa.
Sviluppando gli elementi emersi negli incontri volti alla comune valutazione dei profili di rischio – intensificatisi a seguito della stipula di un articolato protocollo d’intesa tra il Comando Generale della Guardia di Finanza e la Direzione Generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) – le Fiamme Gialle della Tenenza di Spilimbergo e i funzionari ADM di Pordenone hanno controllato una fabbrica di coltelli maniaghese per verificare il trattamento e la destinazione dei prodotti importati dall’estero.
Le operazioni, condotte nella sede e nell’unità locale, hanno fatto emergere la detenzione per la vendita di 5.400 articoli di coltelleria riportanti, sulla confezione e sull’etichetta, unitamente al marchio della società, la dicitura “Made in Italy”, sconfessata dall’inequivocabile origine estera attestata dalla documentazione contabile e doganale.
Finanzieri e Doganieri hanno, quindi, sequestrato i prodotti e denunciato alla Procura della
Repubblica di Pordenone sia il rappresentante legale dell’azienda, per violazione dell’art. 517 C.P. che punisce la vendita di prodotti recanti segni mendaci, che la stessa società.
Sulle confezioni di ulteriori 1.650 articoli, privi dell’indicazione “Made in Italy” ma anch’essi importati dalla Cina, non sono, invece, state rinvenute le informazioni obbligatorie sull’origine dei prodotti. Per questi prodotti, sequestrati in via amministrativa, Guardia di Finanza e ADM hanno comminato all’azienda una sanzione da 10 a 250 mila euro.