Gli Erodi del nostro tempo. Li chiama così i mafiosi, Papa Francesco. Quelli che “non guardano in faccia all’innocenza, che arruolano perfino gli adolescenti per farli diventare killer spietati in missioni di morte”.
La lotta contro la mafia è ormai da anni un problema di tutta l’Italia, con il sud che rimane, però, la zona più esposta a questo terribile fenomeno. E lì dove la politica non sempre riesce ad accedere, sono i sacerdoti l’unica speranza di quanti vivono nel terrore. Lo sanno i bene i cittadini di Caivano in provincia di Napoli, dove opera con carità e amore don Maurizio Patriciello, o quelli di Palermo, dove perse la vita padre Pino Pugliesi.
Probabilmente avrà pensato a loro, e a tutte le innocenti vittime della criminalità organizzata, Papa Francesco che, lo scorso maggio, ha deciso di costituire “un gruppo di lavoro sulla scomunica alle mafie”.
Come riportato in una nota del Dicastero, pubblicata nel giorno in cui Rosario Livatino diventava il primo beato magistrato nella storia della Chiesa, il team di esperti avrà il compito di “approfondire il tema, collaborare con i vescovi del mondo, promuovere e sostenere iniziative” per estendere la scomunica a tutte le mafie, non solo quelle presenti sul territorio italiano.
Nello specifico, il gruppo vedrà l’impegno di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Giuseppe Pignatone, oggi presidente del tribunale vaticano dopo l’esperienza da procuratore di Roma, il professore Vittorio Alberti, monsignor Michele Pennisi, l’ex presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, don Marcello Cozzi, attualmente docente presso l’Università Pontificia Lateranense, don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri e Ioan Alexandru Pop, del Pontificio Consiglio per i testi legislativi.
L’iniziativa di prevedere la scomunica anche nei testi ufficiali della Chiesa cattolica fa seguito alle parole rilasciate dallo stesso Papa Francesco nel 2014 durante l’omelia della messa celebrata a Sibari, in Calabria. In quell’occasione, il Pontefice aveva ribadito con forza che “i mafiosi non sono in comunione con Dio e sono scomunicati”.
Prima di lui il “Convertitevi” di Papa Giovanni Paolo II
Il Pontefice argentino non è l’unico mossosi in prima persona per combattere la mafia. Moltissimi ricorderanno il discorso di Papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, ad Agrigento, il 9 maggio 1993. Aggrappato al crocifisso, il santo non usò mezzi termini per condannare l’operato della criminalità organizzata: “Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire che non ci si può permettere di uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.
A Palermo, in occasione del 17esimo anniversario dell’omicidio di don Puglisi, anche Papa Benedetto XVI, ora emerito, definì la mafia come “una strada di morte”, sollecitando i giovani a “non avere paura di contrastare il male”.