Leggende e tradizioni di Natale a Udine.
Quali sono le leggende e le tradizioni più note del Natale in provincia di Udine? In alcune località del Friuli, la vigilia di Natale, era d’uso tra i ragazzini formare piccoli cortei che guidati da una stella issata su di un bastone, si spostavano di portone in portone. I bambini, quindi, intonavano canti natalizi ricevendo come ricompensa frutta o dolci. Altrove, un’abitudine del tutto simile era d’uso a Capodanno quando gruppi di cantori giravano di casa in casa per ricevere regali o più semplicemente per visitare le famiglie con ragazze.
Un altra usanza molto diffusa era l’accensione del Nadalin la notte della vigilia di Natale. Pur essendo un’ usanza di origini pagane, fu fatta propria in epoca cristiana assegnandole un valore ben preciso: Gesù bambino veniva a scaldare ogni famiglia e ogni cuore. Il Nadalin è un grosso ceppo generalmente di faggio, quercia o anche gelso che veniva scelto durante l’anno quindi fatto stagionare per garantire un ottima resa di calore ma soprattutto una lunga durata. Molti contadini pensavano che più grande fosse stato il ceppo, più grosso sarebbe diventato il maiale.
Posto nel fogolâr, secondo tradizione il Nadalin veniva accesso prima della messa di mezzanotte dal familiare più giovane e sorvegliato da quello più anziano. Doveva rimanere acceso fino a Capodanno, ma se si riusciva a mantenerlo ardente fino all’Epifania, questo avrebbe portato fortuna a tutta la casa. Dopo il 6 gennaio, la cenere veniva posta ai quattro angoli che delimitavano i campi in segno di protezione del raccolto contro grandine e temporali.
Il periodo natalizio era anche tempo di dichiarazioni amorose. Offrire l’acqua Santa ad una ragazza dopo la Messa di mezzanotte o lasciare un ceppo sulla porta della sua casa equivaleva ad una dichiarazione. Una credenza molto diffusa voleva, poi, che la notte di Natale gli animali potessero parlare.
Assai numerosi sono i riti appena successivi al Natale. Alla vigilia dell’Epifania, una cerimonia liturgica assai importante era la benedizione dell’acqua. In alcune località, venivano portate in chiesa delle grandi tinozze dalle quali poi la popolazione attingeva per un uso personale.
Dell’acqua benedetta si faceva un uso assai diversificato: veniva bevuta subito come medicamento per il corpo e lo spirito, oppure portata a casa in fiaschi ed utilizzata in seguito contro le malattie misteriose o contro il malocchio. In taluni luoghi la cerimonia era anticipata da una breve processione nella quale un bambino portava, stretta a sè, la croce; il bambino veniva chiamato la mascarute, e la cerimonia rappresentava l’ingresso del carnevale.