Incendi e violenze al Cpr di Gradisca, 9 agenti feriti: “situazione insostenibile”

Una notte di fuoco e violenza ha scosso il Cpr di Gradisca d’Isonzo, teatro di una delle rivolte più gravi degli ultimi anni. Martedì sera, un gruppo di ospiti del centro ha dato il via a una sommossa durata oltre sei ore, culminata in incendi, atti vandalici e scontri con le forze dell’ordine.

Le violenze e gli scontri

Le tensioni sono esplose con una serie di incendi appiccati nelle camerate. Una trentina di ospiti si è asserragliata sul tetto dell’ex struttura Polonio, dopo aver aperto varchi nei muri e nelle recinzioni. Durante gli scontri, nove operatori delle forze dell’ordine sono rimasti feriti, colpiti da una pioggia di oggetti improvvisati, tra cui plexiglass, tegole e tubi. Tra i contusi un dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Gorizia, colpito al volto, e diversi agenti del Reparto Mobile, della Questura e dei Carabinieri.

Gli agenti, in tenuta antisommossa, sono intervenuti più volte all’interno del centro, utilizzando lacrimogeni e sfollagente per riportare l’ordine. Non risultano feriti tra i rivoltosi, come precisato dalla Prefettura e dalla Questura di Gorizia.

Il questore Luigi Di Ruscio ha elogiato la professionalità degli agenti. Secondo le autorità, la sommossa è stata innescata da otto cittadini marocchini con precedenti, in attesa di imminente rimpatrio. Mercoledì mattina, i responsabili della rivolta sono stati trasferiti nel Paese d’origine.

Danni ingenti e polemiche sulla sicurezza

Le conseguenze materiali della rivolta sono pesanti. Durante la giornata di mercoledì, circa quaranta uomini della Questura hanno effettuato una bonifica delle camerate alla ricerca di altre armi improprie. I danni strutturali rendono il CPR di Gradisca “ai limiti dell’agibilità”, come dichiarato dal prefetto Ester Fedullo. Tuttavia, la struttura rimarrà operativa, sebbene con una possibile riduzione temporanea della capienza.

Le proteste dei sindacati di polizia

I sindacati delle forze dell’ordine si sono espressi con durezza contro la gestione del centro. Il Siulp, attraverso Giovanni Sammito, ha sottolineato la gravità della situazione: «Nel 2003 il CIE fu chiuso per danni molto meno seri. Dietro quel muro, la tragedia è sempre dietro l’angolo. Bisogna chiudere e ripensare tutto il sistema».

Dello stesso avviso il SAP, che ha definito il centro “un luogo pericoloso sia per gli ospiti che per gli operatori”. Flavio Pino, segretario provinciale, ha lanciato un appello alla Prefettura: «Il centro va chiuso e ristrutturato integralmente. È troppo facile procurarsi armi improvvisate, aprire varchi e salire sul tetto».