La manifestazione contro la guerra a Udine.
È stato accolto con urgenza l’appello di solidarietà lanciato dall’associazione “Donne in nero”, che ha raccolto davanti alla Prefettura di Udine in via Piave 16 un gran numero di persone per dire “No alla guerra” in seguito all’invasione russa in Ucraina. Si sventolano bandiere della pace, arcobaleni, c’è chi indossa la mascherina giallo-azzurra. I cartelloni recitano messaggi inequivocabili: “No al ritorno della guerra in Europa” , “No al militarismo“, “Se vuoi la pace, prepara la pace”. Intorno al Palazzo del Governo, lo spiazzo è stracolmo di persone che attendono i primi interventi.
Le parole dal palco.
Annalisa Comuzzi, portavoce delle “Donne in nero” di Udine incalza: “Vorrei usare parole limpide per i sentimenti che in queste ore ci attraversano: angoscia e annichilimento. Perché a trenta anni di distanza dalla sanguinosa guerra jugoslava eravamo certi che altri conflitti armati non si sarebbero più riproposti nel nostro continente, ma sbagliavamo“. Solidarietà incondizionata alla popolazione Ucraina: è questo il messaggio che arriva dal palco dalle associazioni e movimenti presenti tra cui Raffaella Barbiera, segretaria di Arcigay Friuli, Anpi locale, associazione Culturale “el tomât” Buia, Associazione Immigrati Pn, Associazione L’Arca della Pace, Associazione La Tela, Centro “E. Balducci” Zugliano, Centro Studi e Ricerche IDOS Roma, Ce.VI, Circolo ARCI “Tina Merlin” Montereale Valcellina, Circolo ARCI Arcipelago Cordenons, Circolo ARCI MissKappa, CNCA FVG, BenKadì aps, Dalle Parte dei Bambini Onlus, CGIL Ud, le Donne Resistenti, Libera FVG, Potere al Popolo Ud, Libertà e Giustizia Ud, Linea d’Ombra Ts, Oikos Onlus, Ospiti in Arrivo, Rete DASI FVG, Rete Radié Resch, Rete Solidale Pordenone, SeNonOraQuando? Ud, Strada Facendo Manzano, Time for Africa.
“La ferita aperta dalla guerra deve essere l’occasione per un serio ripensamento delle politiche occidentali, dove abbiamo visto un innarrestabile espansionismo a est dell’alleanza atlantica – prosegue Comuzzi -. Ora ci troviamo davanti una tragica realtà che chiede di assumere una responsabilità forte nel rilancio di un movimento continentale per la pace e il disarmo, capace di spingere le istituzioni europee per una politica internazionale finalizzata a proteggere le popolazioni dall’industria della morte. La sicurezza si può garantire attraverso le spese sociali, investimento nell’istruzione pubblica e sanità”.