frode nel settore doganale scoperta a Trieste
I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Trieste, all’esito di tre controlli doganali eseguiti nei confronti del rappresentante fiscale in Italia di altrettante società di diritto sloveno, operanti nell’ambito del commercio internazionale di tessuti e polimeri di origine cinese, hanno rilevato un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto ammontante, nel complesso, a oltre un milione e trecentomila euro.
Le attività costituiscono il versante amministrativo di articolate attività d’indagine svolte negli ultimi due anni su delega della locale Procura della Repubblica nei confronti di un commercialista del centro Italia con studio a Trieste e di un “faccendiere” pugliese iscritto all’AIRE come emigrato a Londra, ma in realtà operante anch’egli, da tempo, nel capoluogo giuliano.
I due professionisti, servendosi di quattro persone di nazionalità slovena che si erano prestate a fungere da “prestanomi” delle tre società slovene – due delle quali con sede a Ljublijana e una a Nova Gorica – erano riusciti a perfezionare, nel biennio 2020/21, una serie di importazioni di tessuti e polimeri di origine cinese, tutte avvenute presso il Punto Franco Nuovo di Trieste e l’ufficio Fernetti – Retroporto di Trieste, per un valore complessivo di oltre sei milioni e duecentomila euro, in completa evasione dell’IVA dovuta a seguito dell’introduzione dei prodotti nel territorio nazionale.
Il meccanismo.
Il meccanismo truffaldino si basava sul fraudolento utilizzo del regime doganale cd.“45”, concepito per velocizzare l’immissione in libera pratica delle merci importate con contestuale loro introduzione in un deposito fiscale: operazione doganale che, così perfezionata, ha l’effetto di sospendere l’assolvimento dell’IVA dovuta fino al momento della loro estrazione da quest’ultimo.
In realtà l’immissione della merce nel deposito fiscale veniva solamente simulata, allo scopo unico dichiarato di rimandare il pagamento dell’IVA dovuta. La falsa attestazione veniva infatti prodotta all’Amministrazione Finanziaria all’insaputa del soggetto economico che risultava avere la materiale disponibilità di tale deposito fiscale con il deliberato proposito di non versare nulla.
Le merci così importate erano destinate a imprenditori compiacenti, identificati, in relazione ai prodotti tessili, in imprenditori operanti nella provincia di Prato e, per quel che riguarda i polimeri, in imprenditori campani: gli stessi sono stati a loro volta destinatari di provvedimenti giudiziari da parte delle locali Autorità Giudiziarie per ulteriori reati tributari ivi commessi.
L’iniziativa investigativa dei Finanzieri triestini ha consentito di definire le responsabilità dei due soggetti principali, che hanno curato la predisposizione delle fittizie dichiarazioni di importazione, indagati per il reato di contrabbando aggravato, unitamente ai quattro cittadini sloveni che si erano prestati ad assumere la rappresentanza legale delle società importatrici.