Femminicidio Cecchettin, l’agghiacciante ricostruzione di Turetta durante l’interrogatorio

Turetta ricostruisce i dettagli che hanno portato all’omicidio di Giulia Cecchettin.

È una storia agghiacciante quella che Filippo Turetta ha raccontato durante l’interrogatorio davanti al pubblico ministero di Venezia, Andrea Petroni. Turetta, reo confesso dell’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha ripercorso quella che doveva essere una serata normale e che si è trasformata in un incubo di violenza e morte.

La serata dell’orrore.

Tutto è iniziato con una cena e una serata di shopping in un centro commerciale a Marghera. Filippo e Giulia, giovane laureanda in ingegneria, sembravano trascorrere una serata come tante altre, ma il viaggio di ritorno verso Vigonovo ha preso una piega tragica. Dopo essersi fermati in un parcheggio a 150 metri dalla casa di Giulia, la situazione è degenerata. Turetta ha spiegato come il rifiuto di Giulia di tornare con lui e la scoperta di un nuovo interesse amoroso da parte della ragazza abbiano scatenato la sua furia omicida.

La confessione dettagliata

Nell’interrogatorio, Turetta ha raccontato con agghiacciante precisione come ha ucciso Giulia. Ha descritto i regali che aveva portato per lei, tra cui un libro d’illustrazione per bambini ritrovato accanto al corpo della ragazza nei pressi del lago di Barcis. La discussione in auto è degenerata rapidamente. Giulia, esasperata dai comportamenti ossessivi di Filippo, ha tentato di allontanarsi dalla macchina, ma è stata aggredita con un coltello. Nonostante i tentativi disperati di difendersi, Giulia è stata sopraffatta dalla violenza di Filippo. “L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”.

Un’azione premeditata?

La procura di Venezia accusa Filippo Turetta di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, oltre a sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. Durante l’interrogatorio, Filippo ha cercato di difendersi dalle accuse di premeditazione, sostenendo che i coltelli trovati in macchina erano destinati a un possibile suicidio e che il nastro adesivo era stato acquistato per scopi innocenti. Tuttavia, le prove indicano una pianificazione dettagliata dell’omicidio, con Turetta che spiava Giulia tramite un’applicazione sul cellulare e preparava meticolosamente il piano di fuga.

La fuga e il presunto tentativo di suicidio

Dopo l’omicidio, Filippo ha tentato di far perdere le sue tracce, dirigendosi verso la Germania. Durante questo periodo, ha affermato di aver tentato il suicidio, senza riuscirci. Le sue parole rivelano un mix di disperazione e consapevolezza delle proprie azioni. “Ho riacceso il telefono. Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l’effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e ad essere arrestato”.